La misura, che costerebbe 3 miliardi all’anno, potrebbe non finire subito in manovra. Se ne discuterà dopo le elezioni regionali
Il dossier pensioni si fa sempre più complesso. L’annunciata volontà del Governo di bloccare l’aumento di tre mesi dell’età pensionabile, previsto a partire dal 1° gennaio 2027, potrebbe non trovare spazio nell’immediata manovra finanziaria. Almeno non nella sua versione iniziale, quella che entro il 20 ottobre dovrà essere presentata al Senato. La misura rischia infatti di slittare alla fine di novembre o addirittura a dicembre. Il motivo è tecnico ma rilevante sul piano politico: prima di poter intervenire per congelare l’adeguamento, è necessario che venga formalmente recepito l’aumento previsto dalla normativa vigente.
Strategia politica: aspettare il voto regionale
Il Governo, consapevole della delicatezza del tema, sembra intenzionato a prendere tempo, anche per motivi elettorali. Si attenderebbe infatti il superamento del ciclo di elezioni regionali – a partire da quelle nelle Marche di questo fine settimana, fino alle tornate previste il 23 e 24 novembre – prima di assumere decisioni ufficiali. L’obiettivo: evitare contraccolpi in campagna elettorale e nel frattempo valutare le coperture finanziarie. Secondo le prime stime tecniche, il blocco dell’aumento dell’età pensionabile comporterebbe un costo annuo pari a circa 3 miliardi di euro, inclusi gli oneri legati ai ratei di trattamento di fine rapporto (TFR). Una spesa considerevole per una misura che, nelle ipotesi correnti, avrebbe durata biennale, con l’aumento che verrebbe solo rinviato al 2029.
Ipotesi al vaglio: stop selettivo o di un solo anno
Per contenere i costi, si fa strada l’ipotesi di un congelamento per un solo anno, o in alternativa di un blocco parziale destinato solo ad alcune categorie di lavoratori. L’idea si muove sullo stesso piano della cosiddetta “rottamazione selettiva” delle cartelle esattoriali, altra misura calda che potrebbe entrare nella legge di bilancio, insieme al taglio dell’IRPEF, agli interventi per le famiglie e all’aumento della spesa per la difesa.
A raffreddare gli entusiasmi è intervenuta direttamente la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che da New York – a margine dell’Assemblea Generale dell’ONU – ha dichiarato «Attualmente l’ipotesi di congelare l’età pensionabile a 67 anni non è una proposta che abbiamo discusso. È una possibilità che può arrivare dai partiti di maggioranza, e ne parleremo quando sarà il momento.»
Parole che segnano una presa di distanza rispetto alle dichiarazioni insistenti del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che nelle scorse settimane aveva rilanciato l’idea del blocco come prioritaria. Il messaggio politico è chiaro: la proposta è sostenuta soprattutto dalla Lega, e sarà il partito di Matteo Salvini a dover trovare una via d’uscita, anche ricorrendo – se necessario – alla strada parlamentare.
L’ipotesi del decreto ad hoc per rinviare il nodo
Una delle opzioni più concrete al vaglio dell’esecutivo è quella di varare un decreto legge separato, da affiancare alla legge di bilancio, con l’unico scopo di rinviare l’emissione del decreto direttoriale. In questo modo si congelerebbe, almeno temporaneamente, l’adeguamento automatico senza dover reperire immediatamente le coperture finanziarie. Una mossa che consentirebbe di guadagnare tempo, rinviando la questione all’inizio del 2026, ma che comporterebbe anche un prezzo politico: l’assenza della misura nel cuore della manovra finanziaria, e il rischio di essere accusati di incoerenza rispetto agli impegni presi pubblicamente.
Ragioneria dello Stato: lo stop permanente è insostenibile
Il tema è tanto delicato quanto controverso. In un recente rapporto diffuso a ridosso di Ferragosto, la Ragioneria generale dello Stato ha espresso forte scetticismo rispetto all’idea di interrompere in modo permanente il meccanismo di adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita. Secondo i calcoli dei tecnici, una tale scelta comporterebbe un incremento del debito pubblico pari a 15 punti di PIL entro il 2045 e addirittura 30 punti entro il 2070.
Sindacati contrari all’innalzamento automatico
Di tutt’altro avviso i sindacati, che tornano a criticare un sistema considerato troppo rigido. Ieri da Torino, il presidente del Civ Inps, Roberto Ghiselli, ha dichiarato: «Non è giusto immaginare un sistema che tende ad aumentare l’età pensionabile all’infinito. I 67 anni italiani sono già tra i più alti in Europa.» Un’affermazione che conferma quanto il tema delle pensioni resti uno dei nodi più caldi e divisivi dell’agenda politica, e che mette in luce le profonde divergenze tra istituzioni economiche e rappresentanze sociali. In attesa di un chiarimento definitivo, l’unica certezza è che la partita previdenziale resta apertissima.
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