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In dieci anni 150mila medici in pensione, uno su tre è over 55

Professione Redazione DottNet | 07/10/2025 18:46

I giovani medici fuggono dai pronto soccorso, bene invece per chirurgia plastica

Il Servizio sanitario nazionale si prepara a un'ondata di pensionamenti senza precedenti: nei prossimi dieci anni oltre 150mila tra medici, infermieri e operatori sanitari lasceranno il servizio per raggiunti limiti di età. Una vera e propria "fuga" che potrebbe mettere in seria difficoltà l’intero sistema sanitario pubblico, già oggi sotto pressione in molti settori chiave.

Secondo l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), che ha appena pubblicato un report dettagliato sulla composizione e l’età media del personale, più di un terzo dei lavoratori del SSN ha superato i 55 anni. A far suonare l’allarme sono soprattutto i numeri riguardanti gli infermieri: con circa 78mila uscite previste entro il 2035, questa categoria rischia di essere la più colpita, proprio mentre cresce il disinteresse dei giovani verso i corsi universitari dedicati. La situazione appare più sfumata per quanto riguarda i medici.

Sebbene alcune specializzazioni siano già oggi in difficoltà — come pronto soccorso, anestesia, rianimazione e microbiologia — in generale, il numero di medici potrebbe tenere, grazie all’aumento dei posti disponibili nei corsi di laurea in medicina e nelle scuole di specializzazione. Nel 2025, i posti disponibili per il corso di medicina sono saliti a oltre 24mila, mentre le borse di specializzazione si attestano intorno alle 15mila all’anno. Nonostante questo, la "gobba pensionistica" — cioè il picco di uscite concentrate in un breve arco di tempo — resta un rischio concreto, soprattutto per i ruoli già in sofferenza. "Il blocco prolungato delle assunzioni ha interrotto il naturale ricambio generazionale", si legge nel rapporto Agenas, "facendo salire l’età media del personale e aggravando le carenze strutturali, in particolare per gli infermieri".

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I numeri: 154mila pensionamenti in dieci anni

Nel dettaglio, l’Agenas calcola che tra il 2025 e il 2035 andranno in pensione circa 154mila operatori sanitari, distribuiti così:

  • 30mila medici ospedalieri

  • Oltre 20mila medici di base e delle cure primarie

  • 78mila infermieri

  • 26mila operatori socio-sanitari (OSS)

A fine 2023, il SSN contava 701.170 dipendenti, in crescita dell’8% rispetto al 2019 grazie agli innesti avvenuti durante la pandemia. Tuttavia, quasi 250mila operatori (pari al 35,65%) avevano già superato i 55 anni: tra loro, quasi il 40% dei medici e il 29,13% degli infermieri.

Il tentativo del Governo: 25mila nuove assunzioni

Per tamponare l’emergenza, il Governo sta valutando di inserire nella prossima manovra un piano straordinario di assunzioni, focalizzato proprio sul personale infermieristico: 25mila dei 27mila nuovi ingressi previsti saranno destinati a questo comparto, se le risorse lo permetteranno.

Medici di famiglia in calo, infermieri sotto la media europea

Particolarmente critica è la situazione dei medici di base, passati da 45mila nel 2013 a 38mila nel 2023. L’Italia oggi conta 68,1 medici di famiglia ogni 100mila abitanti, meno di Germania (72,8) e Francia (96,6). Il futuro, però, potrebbe essere meno cupo per questo settore, grazie all’aumento delle borse e dei laureati in medicina generale. Decisamente più preoccupante è il quadro che riguarda gli infermieri, dove l’Italia è ben al di sotto della media europea: appena 6,86 per mille abitanti, contro una media UE di 8,26. E se le tendenze attuali continueranno, il rischio è che una parte consistente degli infermieri in uscita non venga mai rimpiazzata. Negli ultimi anni, infatti, nonostante l’incremento dei posti disponibili nei corsi di laurea, si è osservata una diminuzione costante nelle domande di iscrizione. Se questo andamento non si invertirà, avverte il rapporto, sarà impossibile compensare l’ondata di pensionamenti già messa in conto.

Intanto continua la fuga dei medici dai Pronto Soccorso. Pochissimi giovani scelgono di specializzarsi per diventare microbiologi o virologi (tanto di moda ai tempi del Covid) o farmacologi. Ma anche per diventare patologici clinici, radioterapisti o medici che curano il dolore: per queste specialità dal 60% all'80% dei posti assegnati per diventare medico attraverso il corso di specializzazione sono andati deserti. Ma soprattutto poco più di un giovane dottore su due sceglie di seguire dopo la laurea il corso di specializzazione necessario per imparare a impugnare un bisturi da chirurgo o per lavorare dentro un pronto soccorso: due specialità cruciali queste per far lavorare gli ospedali, ma che quest'anno hanno visto rispettivamente il 45% di posti non assegnati per emergenza urgenza (439 su 976 borse di studio) e il 37% per chirurgia (247 su 622 posti). Al contrario sono gettonatissime altre specialità dove i posti sono completamente esauriti come pediatria, oftalmologia, dermatologia o chirurgia plastica ed estetica o quella per le malattie cardiovascolari che forma i futuri cardiologi. Specialità ogni anno si dimostrano più attrattive anche per le carriere successive che promettono, soprattutto per gli sbocchi nell'attività privata con possibilità di guadagni maggiori.

Complessivamente su 15.283 contratti regionali messi a bando per il concorso di specializzazione medica di quest'anno ben 2.569 - il 17% - non sono stati assegnati. Un numero preoccupante anche se in calo rispetto all'anno scorso quando le rinunce verso alcune specialità raggiunse il 25% delle borse: in pratica una borsa su quattro non veniva scelta. Un miglioramento probabilmente legato anche ai mini aumenti sulle borse studio decise nella scorsa manovra di bilancio in particolare proprio per quelle specialità meno scelte che da quest'anno riceveranno aumenti in media di 100 euro in più al mese (su una borsa mensile che si aggira sui 1650 euro). A esempio l'anno scorso la fuga dai pronto soccorso raggiungeva il 70% contro il 45% di quest'anno.

A mettere in fila i numeri sono Anaao Giovani e Als, che si dichiarano “preoccupati e amareggiati per i risultati delle assegnazioni del concorso di quest'anno, già ampiamente previsti e denunciati in anticipo a più riprese”. In particolare sul calo dei posti non assegnati la ragione sarebbe da ricondurre “all'aumento del numero dei candidati - dichiara il presidente dell'Als, Massimo Minerva -. Ci auguriamo che il futuro ci riservi coerenza tra le necessità di specialisti e il numero di candidati. Ma con l'enorme numero attuale di iscritti alla facoltà di medicina, sarà molto difficile mantenere questo equilibrio”. “L'unica soluzione è riformare la formazione medica post-laurea, con un contratto di formazione-lavoro e istituendo i learning hospital - propongono Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed, e Giammaria Liuzzi, responsabile nazionale di Anaao Giovani -. Occorre inoltre una revisione dei fabbisogni di medici specialisti maggiormente calata sulle reali necessità del territorio e degli ospedali”. “Siamo pronti a lavorare insieme per il bene dei giovani medici - concludono i vertici di Anaao Assomed e Als - chiediamo pertanto al Ministro Bernini di sederci ad un tavolo propositivo. Due sono le iniziative fondamentali per gli attuali concorrenti delle specializzazioni mediche: aumentare a 7 gli scaglioni straordinari di scelta prima della presa di servizio; istituire una flessibilità di 45 giorni per la presa di servizio dei neo specializzandi”.

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