Resta il vincolo di coerenza con la pratica medica: il certificato dev’essere fondato su dati rilevati in modo conforme, anche se a distanza. I dubbi
Approvata al senato la Legge semplificazioni. Tra le novità i medici potranno certificare l’assenza per malattia dei dipendenti pubblici anche senza visita in presenza. È una modifica che interviene su una norma finora molto rigida, che imponeva accertamenti clinici diretti per evitare sanzioni pesanti (da uno a cinque anni e da 400 a 1.600 euro). Il certificato a distanza sarà possibile solo attraverso strumenti di telemedicina e in condizioni precise, che dovranno essere concordate in sede di Conferenza Stato-Regioni, su proposta del Ministero della Salute.
Nuovi margini operativi per i medici
La norma attualmente in vigore – contenuta nell’articolo 55-quinquies del decreto legislativo 165/2001 – prevede sanzioni gravi per i medici che rilasciano certificazioni basate su informazioni non rilevate di persona né supportate da documentazione oggettiva. Tra le conseguenze: radiazione dall’albo, licenziamento o decadenza dalla convenzione con il servizio sanitario. Il nuovo testo non elimina il principio di responsabilità, ma apre alla possibilità che l’osservazione clinica avvenga anche da remoto, con strumenti ormai diffusi e considerati affidabili. L’esperienza maturata durante l’emergenza pandemica ha contribuito a definire queste modalità come parte integrante della pratica medica.
Rischio sanzioni solo in caso di violazioni gravi
La modifica non autorizza certificazioni generiche o superficiali. Resta il vincolo di coerenza con la pratica medica: il certificato dev’essere fondato su dati rilevati in modo conforme, anche se a distanza. In questo modo, il medico non sarà soggetto alla maxi-sanzione prevista per i casi di certificazioni ingiustificate, a patto che la valutazione clinica sia effettuata con strumenti adeguati e secondo criteri definiti.
Restano, tuttavia, alcuni dubbi: il ministro della salute - riporta Agenda Digitale - dovrà analizzare con attenzione alcuni punti ancora “grigi”: in primis il codice deontologico degli ordini dei medici, che probabilmente dovranno apportare delle modifiche, e poi , in particolare sulla certificazione telematica (legge Brunetta), si specifica nei modelli attuativi ,che i certificati di malattia vanno redatti sempre dopo visita in presenza del paziente. Lo specifica la Corte di Cassazione, V Sezione Penale 29 gennaio 2008 n. 445, in una sentenza che recita: “risponde di falso ideologico il medico che attesti una malattia senza aver compiuto la visita, anche se di essa non abbia fatto esplicita menzione nel certificato”, evocando il reato all’ ‘art. 481 Codice Penale, ovvero “falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità”.
Inoltre, al capo III –Della falsità in Atti– il Codice Penale recita: “chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 51 a euro 516. Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro”. Infine chiarisce nel 2023 la FIMMG, il maggiore sindacato di medici di famiglia che “Non è possibile effettuare certificazioni a distanza, pena la nullità postuma della certificazione e possibili penali per medico e assistito”.
I casi in cui la televisita è appropriata e il precedente giurisprudenziale
Più volte si è detto che una visita in presenza, ad esempio nel caso di una colite, di una gastroenterite, dei giorni di riposo dopo un intervento, dopo una gastroscopia o un amniocentesi ed altre centinaia di possibili cause di assenza dal lavoro per “malattia” rendono inutile la vista in presenza, in particolare entro 24 ore dall’assenza per una prognosi che potrebbe essere anche di uno due giorni. È assolutamente corretto utilizzare la televisita, e non la “telefonovisita”, che non ha elementi, ad esempio di identificazione del paziente.
Vale la pena ricordare che nel 2012 la Cassazione aveva stabilito, come pubblicato dall’ordine dei medici di Palermo, che non basta parlare al telefono col paziente, visitato qualche giorno prima, e farsi riferire i sintomi per prorogare il certificato di malattia. Il medico di base deve visitare comunque il suo assistito. Con la sentenza 18687 del 15 maggio 2012 ha condannato un medico di famiglia di Milano, con l’accusa di aver compilato un falso certificato medico con cui prorogava la prognosi di decorso di una malattia di una sua paziente. Il medico non aveva visitato la paziente ma si era limitato a scrivere il certificato sulla base dei sintomi di persistenza del male riferitigli per telefono dalla donna.
Senza successo, in Cassazione, il medico ha fatto presente di aver visitato la donna solo quattro giorni prima di prorogarle lo stato di malattia e che, pertanto, gli era sembrato credibile il protrarsi dei sintomi della patologia. Secondo i Supremi giudici “non è consentito al sanitario effettuare valutazioni o prescrizioni semplicemente sulla base di dichiarazioni effettuate per telefono dai suoi assistiti. Ciò rende irrilevanti le considerazioni sulla effettiva sussistenza della malattia o sulla induzione in errore da parte della paziente”. Insieme al medico è stata condannata anche la sua assistita, colpevole di aver fatto uso della falsa certificazione per giustificare la sua assenza dal lavoro.
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