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Biotestamento, slitta di una settimana la legge. Anche Bondi si schiera contro il Ddl

Sanità pubblica Redazione DottNet | 22/02/2011 21:47

Slitta di una settimana l'iter della legge sul biotestamento, ma la maggioranza punta a chiudere in tempi brevi alla Camera. E puntuali tornano le polemiche intorno a un tema che da un paio d'anni spacca in due la società e la politica. Ieri hanno manifestato  le associazioni del coordinamento laico nazionale, l’Uaar e l’associazione Luca Coscioni per le quali  il ddl impedisce l'esercizio del diritto all'autodeterminazione terapeutica: "La maggioranza vuole costringere ognuno a restare artificialmente in vita anche in stato vegetativo irreversibile, questo è 'dispotismo etico' perché il ddl è ispirato a un principio di autorità, ma nessuno può essere obbligato a subire un determinato trattamento sanitario contro la propria volontà". 

 La discussione inizia a febbraio 2009 con la morte, dopo l’interruzione della nutrizione forzata, di Eluana Englaro, da vent'anni in stato vegetativo permanente. Dopo il sì del Senato, il 26 marzo di quell'anno, il provvedimento arriva a Montecitorio dove la commissione Affari sociali l'approva a maggio 2010 con alcune modifiche significative. Da allora, un lungo stop fino all’ultimo slittamento: il ddl doveva approdare in aula ieri (21 febbraio), ma i deputati sono impegnati con il milleproroghe e dunque si arriverà a marzo, e in ogni caso bisognerà tornare al Senato per una nuova lettura. Nel testo, in realtà, non si parla di "testamento biologico", bensì di "Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat, ndr)". Ma all'articolo 1 - è questo il punto centrale - si vieta ogni forma di eutanasia: le volontà delle Dat saranno tenute presenti dal medico che tuttavia, anche sentito il fiduciario, "non può prendere in considerazione indicazioni orientate a cagionare la morte del paziente o comunque in contrasto con le norme giuridiche o la deontologia medica". In altri termini, il "biotestamento", anche scritto, non sarà vincolante. Resta in ogni caso  una legge scomoda, perché osteggiata dal Vaticano che preme sulla maggioranza affinché questo Decreto  venga dimenticato, sulla scia di quanto sta facendo (e ottenendo) con la procreazione assistita. Ma cerchiamo di capire chi sono gli attori di questa vicenda, a cominciare dal relatore Raffaele Calabrò, medico napoletano di chiara fama e dalle indiscusse qualità. Calabrò ha in pratica – come affermano le opposizioni – reso inutile un decreto che così com’è non ha senso e che di fatto non fa nulla per aiutare chi realmente desidera dire basta a un inutile accanimento. Secondo Ignazio Marino (pd) si tratta di  ''una legge che è contro 77 italiani su 100. Il testo che verrà discusso infatti impone obblighi e prescrizioni e calpesta la libertà di scelta delle cure che, invece, quasi la totalità degli italiani vorrebbe avere”. Calabrò, il pidiellino che ha messo a punto la normativa seguendo, dicono i maligni, il diktat del Vaticano non poteva fare altrimenti, visto che il senatore  (ideatore di Euripe e fondatore dell'IPE, l'Istituto per le attività educative ed ex presidente del Consiglio regionale della Campania), cardiologo all'ospedale Pausilipon e del Monaldi è una colonna dell’Opus Dei, insieme a moglie, sorella e cognato. E quindi appare evidente la necessità di non trasgredire il diktat papale forgiando una legge che alla fine sarà solo controproducente.  Secondo Margherita Miotto, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera, "dalla destra è partita una nuova crociata ideologica" per una legge che impone l'accanimento terapeutico ai medici e nega la libertà alla persona di rifiutare le cure, come prevede la Costituzione". Nei prossimi giorni, prosegue, "prevarrà l’esigenza tutta politica di alimentare lo scontro strumentalizzando in modo odioso e cinico la condizione di tante famiglie drammaticamente attraversate dalla sofferenza di un congiunto in fine vita. Ma tutto questo è funzionale a un obiettivo che prescinde dal merito. Una buona legge sul testamento biologico non può che essere condivisa con il sentire di larga parte del paese".

Sorprende la posizione del direttore del Foglio, Giuliano Ferrara. Il giornalista che dopo la morte di Eluana organizzò una simbolica raccolta di bottiglie d'acqua, oggi boccia il ddl sul biotestamento proprio alla vigilia del rush finale alla Camera. Una legge, scrive  l'elefantino in un editoriale di prima pagina, "lastricata di buone intenzioni", ma "sbagliata irrimediabilmente, pasticciata e contraddittoria, dice al cittadino: fa' pure testamento, ma sappi che non sarà vincolante, e che su due punti cruciali come l'idratazione e la nutrizione artificiale di persone in stato vegetativo, la tua volontà non può essere ascoltata". Sulla vicenda interviene, con un commento  pubblicato sul Foglio, il ministro della Cultura, Sandro Bondi, che smonta di fatto uno dei pilastri del disegno di legge sul biotestamento in discussione alla Camera, che esclude idratazione e nutrizione dalle dichiarazioni anticipate di volontà in quanto non considerate terapie ma sostegno vitale. ''Il punto debole dell'attuale legge in discussione alla Camera - scrive Bondi, concordando con quanto affermato in un editoriale dal direttore del Foglio, Giuliano Ferrara - è rappresentato dalle questioni dell'idratazione e della nutrizione artificiale di persone in stato vegetativo, considerate come trattamenti medici obbligatori e vincolanti. La mia opinione in merito è che quando si verificano certe condizioni, la decisione debba essere presa, con cristiana umanità e con sana ragionevolezza, rispettando la volontà espressa precedentemente da ciascuno i noi, insieme ai medici e ai familiari, come si usava non molto tempo fa, quando si interrompevano le cure ospedaliere e si permetteva che i malati potessero trascorrere gli ultimi momenti della propria vita a casa propria circondati dall'affetto dei parenti''. ''Sono convinto - aggiunge - che questo approdo non confligge affatto con i principi ai quali siamo educati dalla chiesa cattolica, e potrebbe essere accettato anche da coloro che, pur non essendo credenti, non sottovalutano la necessità di difendere le ragioni della vita fino all'ultimo momento possibile e accettabile secondo la nostra ragione e il nostro sentimento religioso''.''In questi anni - scrive ancora il coordinatore del Pdl - non abbiamo esitato a schierarci a favore della difesa della vita, ben sapendo, tuttavia, che coloro che non la pensano come noi non possono essere rinchiusi in una posizione specularmene opposta. Il nostro impegno a favore delle ragioni della vita coincide con il rifiuto della cultura del relativismo etico, con la critica del dominio della tecnica su ogni aspetto della vita umana e con l'accento posto sul valore del concetto di libertà come relazione con gli altri esseri umani e come responsabilità nei confronti di se' stessi e della comunità alla quale si appartiene''. ''Per me difendere le ragioni della vita, nello specifico, significa, da una parte, rifiutare il principio dell'eutanasia, che può assumere forme esplicite e, molto più spesso, forme coperte e mascherate, e, dall'altra parte, respingere anche un vero e proprio accanimento terapeutico, che lo sviluppo della tecnica oggi rende possibile fino a limiti estremi e innaturali.

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