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Sindrome Brugada, scoperti i meccanismi delle aritmie fatali

Cardiologia Redazione DottNet | 04/11/2018 10:43

È una rara malattia del cuore con un'incidenza di 30 casi ogni 10mila persone

È una rara malattia del cuore, con un'incidenza di 30 casi ogni 10mila persone, che ha una base genetica e che può spaventare chi scopre di esserne affetto, anche se non tutti i casi sono uguali, perché può causare morte improvvisa. Per la sindrome di Brugada, che viene presa in considerazione, anche se la morte non avviene generalmente sotto sforzo, ogni volta che c'è un decesso di un giovane atleta, come è stato ad esempio per il calciatore Piermario Morosini, oggi alcuni meccanismi sono più chiari: un team di cardiologi aretini ha infatti scoperto i meccanismi che determinano il rischio di aritmie fatali nei pazienti con questa sindrome. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Journal of the American College of Cardiology.

"Per questa sindrome non c'erano molte certezze, ma si riteneva che il cuore di chi ne era affetto fosse sano, fatta eccezione per un'alterazione elettrica- spiega Leonardo Bolognese direttore del Dipartimento Cardioneurovascolare della Ausl Toscana Sudest- abbiamo scoperto che in realtà il cuore ha anche un'alterazione morfologica, non è quindi perfettamente sano. Questo ci consente di individuare con più precisione i pazienti a rischio, perché coloro che hanno alterazioni più evidenti vanno più facilmente incontro ad aritmie fatali. Ciò apre la scena anche a possibili interventi terapeutici: se c'è molta infiammazione si può pensare ad esempio di utilizzare degli immunosoppressori, oppure un'altra possibilità è offerta da una tecnica chiamata ablazions, per impedire l'attività sul piano elettrico. Sono ovviamente procedure non preliminari ma che richiedono ancora molti dati e che comunque non sono adatte a tutti".

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"Per i pazienti ad altissimo rischio - conclude- abbiamo come opzione anche un particolare pacemaker, detto defibrillators impiantabile, che riconosce le aritmie che possono essere fatali evitandole".

fonte: Journal of the American College of Cardiology

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