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Premi a medici e infermieri in prima linea nei Pronto Soccorso

Sanità pubblica Redazione DottNet | 08/11/2021 19:40

L'obiettivo è di fermare la fuga dalle emergenze ospedaliere. L’aumento previsto nella manovra arriverà da gennaio. Nei reparti sotto stress non solo per il Covid manca il personale

Novanta milioni di euro di indennità per medici, infermieri e altri operatori sanitari che lavorano in pronto soccorso per far fronte alla carenza di personale nei Ps. La misura è contenuta nel testo ormai in via di trasmissione al Parlamento del Ddl di Bilancio. Il testo prevede che “nell’ambito dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro è definita, nei limiti degli importi annui lordi di 27 mln di euro per la dirigenza medica e di 63 mln per il personale del comparto, una specifica indennità di natura accessoria da riconoscere in ragione dell’effettiva presenza in servizio con decorrenza dal 1 gennaio 2022”.

Nella norma, riporta Repubblica, è previsto che gli importi annui siano di 27 milioni per i medici, che sono circa 10mila, e di 63 milioni per gli infermieri, che sono circa 25 mila. Si tratta di soldi in più che entrano in busta paga solo se la presenza in servizio è “effettiva”. Probabilmente quindi l’indennità sarà calcolata su base oraria. Ovviamente chi si sposterà a lavorare in un altro settore la perderà. La novità partirà dal primo gennaio dell’anno prossimo, visto che appunto è ancorata alla manovra. Il denaro necessario arriverà attraverso il fondo sanitario nazionale, che è stato incrementato di 2 miliardi all’anno per i prossimi tre anni. Le Regioni quindi saranno tenute a spendere quella quota del fondo per la nuova indennità, che diventerà parte del rapporto contrattuale e probabilmente verrà poi inserito negli accordi collettivi.

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È stato Speranza, si legge su Repubblica, a spingere perché nascesse l’indennità e nella scelta hanno pesato molti fattori, che in questo momento rendono durissimo il lavoro nell’emergenza. Ad esempio questo è il settore nel quale si registrano più aggressioni ai professionisti da parte di pazienti o familiari e conoscenti. Spesso c’è tensione nelle sale dell’emergenza. A non mancare mai comunque è la stanchezza, come denunciano ormai da tempo sindacati e società scientifiche che hanno organizzato per il 17 novembre una manifestazione nazionale a Roma. Da Simeu, che è la società della medicina di emergenza e urgenza spiegano in modo molto eloquente: "Oggi ci ritroviamo prostrati ed esausti a continuare a combattere su due fronti mentre affrontiamo una crisi strutturale mai vissuta prima. Le problematiche che ci affliggono sono numerose e non hanno ancora ricevuto costruttive attenzioni". Il personale nei pronto soccorso è carente, mancherebbero infatti 4mila medici e addirittura 10mila infermieri, tanti scelgono di lasciare, appena si apre un concorso per medicina interna sono molti quelli che si iscrivono per spostarsi in un reparto giudicato meno pesante.

In più il 40% dei posti nelle scuole di specializzazione quest’anno sono rimasti vuoti, perché evidentemente il lavoro in prima linea non attrae i giovani. Troppi turni di notte nei quali il lavoro non diminuisce mai, troppi weekend impegnati e appunto, almeno fino ad ora, nessun incentivo economico. Addirittura quello al pronto soccorso, protestano da Simeu, non ha avuto il riconoscimento di lavoro usurante come invece sono quelli in terapia intensiva e radiologia. Il ministero quindi cerca intanto di frenare la crisi con un’indennità specifica, mentre già si è annunciato, riguardo al problema generale di carenze in sanità, che sempre nella manovra verranno messi in regola i contratti a termine avviati con l’emergenza Covid. Sarebbero circa 50mila.

E a proposito di questo, sempre in manovra c’è un articolo con il quale vengono confermate le Usca, “unità speciali di continuità assistenziale”, che sono state create dopo l’inizio della pandemia per dare tra l’altro assistenza domiciliare ai sospetti casi di Covid e a quelli conclamati, dai quali i medici di famiglia non andavano. Le Usca si sono rivelate molto utili non solo per l’assistenza a domicilio e continueranno a lavorare fino a giugno del 2022, quando partirà tutta la riorganizzazione dell’assistenza territoriale con la quale potrebbero essere inserite stabilmente nel sistema sanitario nazionale. Ricordiamo che le Usca furono istituite nel marzo 2020 per aiutare i medici di medicina generale nella gestione sul territorio dei pazienti COVID o sospetti COVID. Ogni USCA ha il compito di assistere a domicilio i malati di COVID-19, ospedalizzando, precocemente ed esclusivamente, i casi gravi.

Anaao Assomed esprime apprezzamento per l’istituzione dell’indennità specifica per il Pronto soccorso, prevista nella legge di Bilancio e richiesta dall’Associazione. Essa però rappresenta solo un piccolo passo, insufficiente a risolvere la crisi che investe un settore architrave dell’intero Ssn, sia per la sua irrisorietà, quasi un’inezia in termini economici, sia perchè da sola non incide su condizioni di lavoro al limite della sopportabilità, quotidianamente testimoniate dalle fughe fin dalla formazione specialistica e dalla crisi vocazionale.C’è da scommettere che un finanziamento di questa entità, per di più isolato, non fermerà l’emorragia dei colleghi dai reparti di emergenza, attratti sempre più spesso dalle sirene del privato e delle cooperative. Gli eroi della pandemia, tutti, nessuno escluso, meritano di più e si aspettano dal governo qualcosa di più di una foto ricordo con i grandi della terra. 

Per Presidente della Fnomceo Filippo Anelli “L’intervento del Ministro della Salute Roberto Speranza, che ha proposto un’indennità accessoria per i medici e gli infermieri dei pronto soccorso, va nella direzione auspicata dalla Fnomceo: quella di rendere attrattivo il nostro Servizio Sanitario pubblico, arginando l’emorragia di professionisti specializzati proprio da questi presidi così cruciali. Più in generale, quella di investire risorse nella valorizzazione del capitale umano, riconoscendone il ruolo di muro portante del nostro Servizio Sanitario Nazionale”.
 
“È sacrosanto valorizzare l’operato e la professionalità di questi colleghi, non solo migliorandone le condizioni di lavoro, ma anche con incentivi economici – spiega Anelli -. I ritmi insostenibili, l’altissimo livello di stress psicofisico, l’elevato rischio di aggressioni, il proliferare di denunce e citazioni in giudizio, spesso temerarie, demotivano i medici che lavorano nei pronto soccorso, spingendoli a trasferirsi in altri reparti o a migrare verso il privato. Solo la scorsa settimana sono state due le aggressioni in un pronto, quella ai danni della collega di Prato e quella contro due infermieri a Pesaro. Mentre è di ieri mattina la violenza perpetrata a Pozzuoli, dove ieri il parente di una paziente ha cercato di strangolare un medico, sempre del pronto soccorso”.

Guido Quici, presidente di CIMO-FESMED non ha dubbi: “Apprezziamo molto la sensibilità del Ministro della Salute, Roberto Speranza, nei confronti dei sanitari che lavorano nei pronto soccorso e nelle strutture di emergenza del SSN, attraverso un’azione concreta che prevede il finanziamento di 28 milioni di euro per i medici come indennità aggiuntiva a decorrere dal 2022”. “Ci rendiamo conto che si tratta di un segnale di attenzione verso i medici che lavorano in condizioni di grave precarietà e rischio; tuttavia – prosegue Quici - riteniamo che occorra un intervento strutturale che recuperi ‘motivazione’ per quei professionisti che trascorrono tutto il loro lavoro nei pronto soccorso, sulle autoambulanze, nelle strutture di emergenza. Disertare l’accesso alla scuola di specializzazione in medicina di urgenza rappresenta un campanello di allarme di non poco conto, ma gli interventi che la Federazione CIMO-FESMED chiede sono di tipo strutturale che devono essere avulsi da interessi di parte ma funzionali al vero fabbisogno dei cittadini nell’ambito della sicurezza delle cure e degli stessi operatori sanitari.

“Troppi disegni di Legge in cantiere, troppi contratti di lavoro differenziati, troppi stati giuridici, troppe organizzazioni che non fanno altro che favorire l’ingresso di troppi stakeholders. CIMO-FESMED rilancia ancora una volta la necessità di avere una rete unica dell’emergenza ed uno stato giuridico unico del personale ma, soprattutto, rilancia l’ipotesi che l’intero sistema di emergenza diventi la ‘quarta’ gamba del SSN perché, oggi, è terra di tutti e di nessuno, predata da interessi diversificati che non risolvono i problemi dei cittadini e degli stessi operatori sanitari”, ha concluso Quici. “Altrettanta attenzione va riservata al personale del 118, che gestisce l’emergenza-urgenza sul territorio – aggiunge -. Anche qui, le ambulanze sono sempre più sguarnite di medici. Un vero e proprio allarme, come dimostrano i recenti casi di cronaca di Napoli e della Calabria, dove l’assenza di medici nel personale addetto ai soccorsi sarebbe costato la vita a tre persone. È assolutamente necessario che sui mezzi di soccorso avanzato, chiamati a intervenire nei casi, ad esempio, di infarti, ictus, incidenti stradali, siano presenti tutte le professionalità, il medico di Emergenza sanitaria territoriale e l’infermiere opportunamente formato, oltre all’autista-soccorritore, in modo da poter prestare subito e in sinergia la migliore assistenza possibile, senza perdere istanti preziosi”.

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