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Anelli (Fnomceo): Il medico sia libero di ascoltare la sofferenza del paziente. Il tempo di comunicazione è tempo di cura

Professione Redazione DottNet | 17/05/2023 16:24

"La nostra è infatti una professione fatta di grande slancio, di grande passione. È una professione che si pone in un atteggiamento di ascolto, di grande disponibilità nei confronti della gente. Ma è anche una professione in crisi. E la crisi viene f

"La nostra è infatti una professione fatta di grande slancio, di grande passione. È una professione che si pone in un atteggiamento di ascolto, di grande disponibilità nei confronti della gente. Ma è anche una professione in crisi. E la crisi viene fuori da un cambio culturale della nostra società"

"È impensabile che un medico possa fare diagnosi solo guardando la TAC, che consideri la terapia come l’unica soluzione del problema ‘malattia’, senza considerare il disagio che c’è dietro, per il quale il paziente si rivolge a lui, a noi. Il tempo di comunicazione è tempo di cura: lo dice il nostro Codice deontologico, lo dice ora anche la legge, Eppure oggi il medico è costretto a fare una visita in 15 minuti. Le cose devono cambiare, a partire dalla formazione".

Così il Presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, intervenendo questa mattina a Bari al XXIV Convegno nazionale di Pastorale della Salute CEI, "Ho udito il suo lamento. In ascolto dei sofferenti".

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In apertura del suo discorso, Anelli ha voluto ricordare la figura di Eleonora Cantamessa, la dottoressa travolta e uccisa, dieci anni fa a Chiuduno, in provincia di Bergamo, per essersi fermata a soccorrere la vittima di un’aggressione.

"È un episodio – ha commentato Anelli - che si ripete purtroppo in tante situazioni, come è successo qui a Bari a Paola Labriola e, a Pisa, con l’omicidio di Barbara Capovani, qualche settimana fa.  La nostra è infatti una professione fatta di grande slancio, di grande passione. È una professione che si pone in un atteggiamento di ascolto, di grande disponibilità nei confronti della gente. Ma è anche una professione in crisi. E la crisi viene fuori da un cambio culturale della nostra società".

Una crisi che non coinvolge solo la professione del medico, ma l’intero Servizio sanitario nazionale.

"I medici, gli operatori sanitari – spiega ora Anelli - sono il vero tessuto connettivo del Servizio sanitario nazionale. Lo abbiamo visto durante il covid, lo vediamo tutti i giorni. Eppure, sempre più professionisti si arrendono, stremati da condizioni di lavoro insostenibili: turni infiniti, burocrazia pesantissima, ritmi pressanti che elidono sempre più il tempo da dedicare al malato, a quella parte fondamentale della cura che è la comunicazione. E ancora, rischi professionali, denunce, aggressioni che sfociano anche in tragedie. Sono così sempre più numerosi i medici, gli operatori che non ce la fanno, e abbandonano il Servizio sanitario nazionale; verso il privato, l’estero, la libera professione, il prepensionamento. Mentre, soprattutto nei settori più a rischio di denunce o con condizioni di lavoro più difficili, non arrivano giovani medici a sostituirli".

"Dobbiamo fermare – conclude Anelli - questa emorragia: senza medici, senza operatori non può esistere il servizio Sanitario nazionale.  Siamo fieri di avere dalla nostra parte, verso questo obiettivo, i cittadini, la società civile, la Chiesa. Ci rincuorano le parole di Papa Francesco, del Cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente CEI, del vicepresidente Monsignor Francesco Savino, che ha visitato il nostro Comitato Centrale, di Monsignor Massimo Angelelli, Direttore Ufficio nazionale per la Pastorale della salute. Parole a sostegno di un Servizio Sanitario nazionale equo, uguale, universalistico, solidale. Un Servizio sanitario nazionale dove il medico sia sempre libero di udire, ascoltare, accogliere e prendersi cura del grido di dolore, del lamento, della sofferenza silenziosa, che non ha o non trova parole. Dove questo gemito non sia soffocato dal rumore di fondo di tutte le questioni aperte, dei malfunzionamenti, delle difficoltà organizzative. Dove la persona, il malato, sia protagonista, insieme al medico e agli operatori sanitari, di quell’alleanza terapeutica che è l’essenza stessa della cura". 

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