Se non ci dovessero essere contributi sulla Gestione Separata, si può sempre attivare un contratto che potrebbe generarli, sulla base di una delle tante collaborazioni private che spesso i medici intrattengono
La nuova Legge di Bilancio per il 2025 non ha modificato in modo significativo le diverse opzioni per il pensionamento dei medici e degli odontoiatri dipendenti, sicché le vie d’uscita per gli interessati in possesso di versamenti previdenziali collocati temporalmente prima del 1° gennaio 1996, sono rimaste sostanzialmente le stesse: 67 anni di età per la pensione di vecchiaia e 42 anni e 10 mesi di contribuzione (più tre mesi di finestra) per il pensionamento anticipato (un anno in meno per le donne). L’unico canale che ha avuto modifiche significative (e per questo se ne è molto parlato) è quello della pensione di vecchiaia contributiva (64 anni più tre mesi di finestra), ma in presenza di altri significativi requisiti.
A partire dal 2025, infatti, chi ha aderito a forme di previdenza complementare (per i medici dipendenti la principale è il Fondo Perseo Sirio, ma va segnalato anche FondoSanità per i liberi professionisti), potrà computare il valore della rendita integrativa aggiungendolo alla pensione pubblica maturata, allo scopo di raggiungere l’importo minimo di pensione per attivare tale canale di uscita (3 volte il valore dell’assegno sociale, circa € 1.
Il grande dibattito intorno a questa modifica ha però contribuito ad accendere l’interesse dei medici su tale istituto: se i 42 anni e 10 mesi di contribuzione rappresentano per molti un obiettivo irraggiungibile, nel caso in cui non siano stati almeno riscattati gli anni del corso di laurea, i 20 anni della vecchiaia contributiva sono invece un requisito più facilmente conseguibile. Ed anche il taglio dell’importo massimo percepibile (5 volte il trattamento minimo Inps, cioè 3.017 euro nel 2025) sembra un balzello tutto sommato sopportabile per chi vuole fuggire dai massacranti turni ospedalieri, anche perché a partire dal compimento dell’età di vecchiaia (oggi 67 anni) si inizierà a percepire comunque la pensione intera, sia pure calcolata con il più penalizzante calcolo contributivo.
Il legislatore, proprio per mettere un argine a questa opportunità, sin dall’origine, ha tuttavia previsto l’impossibilità di passare al calcolo contributivo per coloro che sono in possesso di contribuzione antecedente al 1° gennaio 1996. In questo modo molti dei medici ultrasessantenni sono tagliati fuori. Ma il modo di eludere il blocco esiste e passa per la Gestione Separata dell’Inps. I medici in possesso di contribuzione da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (sono molti, e tra questi tutti coloro che hanno beneficiato del contratto all’interno delle scuole di specializzazione), possono infatti attivare la cosiddetta facoltà di computo contributivo per tutti i versamenti presenti, e così tagliare il traguardo della pensione. E se non ci dovessero essere contributi sulla Gestione Separata, si può sempre attivare un contratto che potrebbe generarli, sulla base di una delle tante collaborazioni private che spesso i medici intrattengono. Per conoscere i dettagli di questa facoltà, ed effettuare valutazioni di convenienza economica fra l’uno e l’altro regime, è sempre consigliabile rivolgersi ad un patronato esperto in materia, che offrirà assistenza anche per la presentazione delle domande necessarie.
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L’integrazione, in Enpam, è curata dal Servizio Trattamento Giuridico e Fiscale delle Prestazioni, dell’Area della Previdenza.
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