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Schillaci conferma lo scudo penale per i medici: Lavoriamo perché resti definitivo

Professione Redazione DottNet | 25/06/2025 20:57

Medici bersaglio di cause: uno su tre ha ricevuto una denuncia. Solo nel 3% dei casi queste cause si sono concluse con una condanna. I più colpiti sono i medici con più anzianità

"La tutela dei medici è un argomento che mi sta molto a cuore. Come sapete abbiamo prolungato sia nel 2024 che nel 2025 lo scudo penale. Stiamo lavorando perché questo provvedimento diventi definitivo e in uno dei primi strumenti legislativi disponibili sicuramente verrà inserito". Lo ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci. Lo strumento introdotto per la prima volta durante gli anni del Covid che limita la responsabilità penale dei medici ai soli casi di dolo e colpa grave, è una misura temporanea che scade a fine 2025.  "E' innegabile che la medicina difensiva spinga spesso i medici a chiedere esami che magari sono anche inutili - ha aggiunto -. Credo che sia giusto per i medici avere più sicurezza nel loro lavoro. Tra l'altro voglio ricordare che quasi il 98% delle cause finisce in un nulla di fatto.

Si possono tutelare i medici senza togliere nulla ai cittadini, che nei pochi casi di errore medico è giusto che possano vedere questo errore risarcito. E' un atto dovuto. C'è chi pesa addirittura in 10 miliardi l'anno la spesa per la medicina difensiva". Per il ministro sono soldi "sprecati. Il dato mi sembra un po' sopravvalutato, ma sicuramente possiamo migliorare il processo delle liste d'attesa proprio intervenendo sulla medicina difensiva".

Medici bersaglio di cause penali o civili o di entrambe tanto che un camice bianco su tre nella sua vita professionale ha ricevuto almeno una denuncia. Di tipo penale nel 43,6% dei casi, civile nel 30,8% e addirittura di entrambe le tipologie nel 25,6%. Ma poi solo nel 3% dei casi queste cause si sono concluse con una condanna. I più colpiti paradossalmente sono i medici con più anzianità (oltre 20 anni): in particolare uomini over 55 anni che lavorano in ospedali con meno di 500 posti letto. Ed è la chirurgia ad essere nel mirino della magistratura con oltre l'82% dei casi segnalati. I dati emergono da un report dell'Anaao Assomed

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I dati sulla colpa medica emergono dalla survey condotta dal Centro Studi dell'Anaao Assomed su un campione rappresentativo di camici bianchi equamente distribuito tra uomini e donne in età compresa tra i 25 e 65 anni con una anzianità di servizio che va dall'ingresso alla pensione. Rispetto ai procedimenti giudiziari conclusi, solo il 3% circa si è risolto con una condanna. Analizzando i numeri nel dettaglio emerge con chiarezza la gravità della situazione. Il 32,8% dei rispondenti ha dichiarato di aver ricevuto almeno una denuncia (civile e/o penale) nel corso della propria attività professionale. Denunce di tipo penale nel 43,6% dei casi, civile nel 30,8% e addirittura di entrambe le tipologie nel 25,6%. Il 22,3% riporta di avere ricevuto almeno una denuncia penale nel corso della propria carriera, il 35,6 % di loro più di una denuncia. La distribuzione delle denunce per specializzazione vede ai primi posti Ginecologia: 70%, Cardiochirurgia: 70%, Chirurgia generale 66,2%. A seguire Ortopedia: 65,2%, Pronto Soccorso (PS): 53,3%, Cardiologia: 44,9%, Medicina interna: 42%, Radiologia: 38,6%, Anestesia: 37,3%, Direzione medica di presidio ospedaliero 38,5%, Psichiatria: 16,3%. Anche la Distribuzione per macro-area disciplinare vede al primo posto la Area chirurgica: 239 su 393 (60,8%), seguita da Area medica: 296 su 929 (31,9%) e Area dei servizi: 89 su 584 (15,2%).

Più cause al Sud e negli ospedali più piccoli

La distribuzione geografica delle cause contro i medici segna una prevalenza al Sud e Isole con una percentuale del 39,8%. Al secondo posto il Centro Italia (38,2%), e al terzo posto Nord (27,2%). Se guardiamo, poi, alla loro distribuzione in base alla dimensione della struttura ospedaliera, il primato spetta agli Ospedali con meno di 500 posti letto (37,6%), seguiti da quelli dotati di un numero di posti letto compresi tra a 500 e 1000 32,2%. Quelli con oltre 1000 posti letto registrano il tasso più basso (28,4%). È come detto nell'ambito chirurgico che si registra il tasso più elevato di denunce. In alcune specialità come ginecologia, ortopedia e chirurgia generale, la probabilità di essere denunciati supera il 65%, raggiungendo in ginecologia e cardiochirurgia addirittura il 70%. In altre parole, 7 professionisti su 10 che operano in queste discipline hanno avuto almeno una volta a che fare con un procedimento legale. Dal punto di vista geografico, emerge un gradiente crescente da nord a sud: si passa dal 27,2% del nord al 39,8% del sud e isole, con un picco del 65,9% nella sola area chirurgica meridionale. “È difficile - si chiede Anaao Assomed - non interrogarsi sulle cause di questa disparità: carenze strutturali, sovraccarico dei servizi, contesto socio-economico e fiducia nei confronti del sistema sanitario potrebbero tutti giocare un ruolo”.

L'identikit del medico più a rischio cause: chirurgo con oltre 20 anni di anzianità

L'esperienza non protegge. Anzi, tra i professionisti con oltre 20 anni di carriera, i tassi di denuncia crescono sensibilmente, soprattutto in ambito chirurgico. Il dato più impressionante riguarda i chirurghi uomini con lunga anzianità: l'86,2% ha subito almeno una denuncia. Se si considerano uomini e donne insieme, la percentuale scende poco: oltre 8 su 10 (82,3%). Questo significa che più di 6 chirurghi uomini su 7, e 5 chirurghi di qualunque genere su 6, con almeno vent'anni di attività, sono stati oggetto di un procedimento giudiziario. Si tratta di numeri che non possono essere considerati fisiologici, ma che segnalano una situazione strutturalmente critica. Anche la dimensione dell'ospedale sembra influire sul rischio di denuncia: i professionisti che lavorano in strutture con meno di 500 posti letto riportano una frequenza di denunce significativamente più alta (37,6%) rispetto a chi opera in ospedali più grandi (28,4% oltre i 1000 posti letto). Probabilmente, nei contesti più piccoli, la minore disponibilità di risorse, la carenza di personale e l'assenza di équipe strutturate aumentano il rischio di errore e la vulnerabilità legale.

I medici: servono nuovo strumenti legislativi, come il modello francese

“La questione delle denunce – avverte Pierino Di Silverio Segretario Nazionale Anaao Assomed - non è solo un problema individuale, ma sistemico. È necessario avviare una riflessione profonda sulle condizioni di lavoro dei medici, sulle politiche di tutela professionale, sulla formazione e sul dialogo con i pazienti, per prevenire il contenzioso e restituire serenità a chi ogni giorno garantisce cura e assistenza”. “Dopo la Legge 24/2017 Gelli-Bianco, che ha certo segnato passi avanti, specie sul piano della responsabilità civile, servono – a giudizio di Di Silverio - nuovi strumenti legislativi, quali la definizione di nuovi principi in tema di formazione dell'albo dei consulenti tecnici; il passaggio ad un sistema assicurativo no fault, sul modello francese e scandinavo, svincolato dalla necessità di provare le responsabilità, al fine di ridurre il contenzioso legale; un diverso inquadramento penale della responsabilità medica; un maggiore ruolo riconosciuto al GIP”. il modello francese cosiddetto ‘no fault' permette ai pazienti di ottenere un risarcimento per danni derivanti da trattamenti medici senza dover dimostrare la loro colpa e ai professionisti di lavorare con maggiore serenità. “In base a questo modello – ha spiegato Di Silverio - il paziente può scegliere di ottenere un indennizzo economico rinunciando a intraprendere un'azione legale: in questo modo ha la certezza di venire risarcito (98 per cento dei casi approvati da una commissione) e al tempo stesso contribuisce a snellire tempi di attesa e file nei tribunali”.

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