«Quando Giulia esce di casa lo fa senza prendere il post-it che ha appeso sul frigo per ricordarsi di comprare tre farmaci: Tachipirina, Tantum Verde e Aspirina. La sua memoria si accende però davanti alla vetrina della farmacia, così entra per fare acquisti. Andrea, prima di andare al lavoro, vede il post-it e lo mette in tasca: c’è una farmacia accanto al suo ufficio e non sarà certo un problema passarci». Inizia così, con la storia di una coppia di coniugi di Roma, il resoconto dell’ultima indagine di Altroconsumo mirata a misurare gli effetti della liberalizzazione dei farmaci. Perché la sintesi dei tre anni di nuova concorrenza sta tutta negli scontrini di Giulia e Andrea. «La sera, marito e moglie, si ritrovano a casa con una spesa doppia e sorridono dell’accaduto. Finché non confrontano i conti: Giulia ha speso 13 euro e Andrea 17,90. Com’è possibile che ci siano 5 euro di differenza sul totale? Eppure hanno comprato i medesimi medicinali».
«Liberalizzazionezoppa»
La storia-esempio si presta a due letture. «Una positiva, la liberalizzazione esiste: più punti vendita extrafarmacia, più prezzi in concorrenza anche nello stesso canale di vendita», spiega Laura Filippucci, responsabile dell’indagine di Altroconsumo. «L’altra negativa, la liberalizzazione esiste ma è zoppa ». Colpa della mancata informazione: «La caccia al risparmio è un’operazione che si fa a occhi chiusi, i prezzi variano di parecchio — anche del 59% da farmacia a farmacia, dove una confezione di Supradyn può costare 5 o 9 euro — ma riuscire a sfruttare gli effetti buoni della liberalizzazione è un terno al lotto». Colpa dei rincari: «I prezzi hanno subito aumenti nettamente superiori all’inflazione». Colpa della geografia-offerta del cosiddetto «extra canale»: «In crescita ma comunque pochi e mal distribuiti i corner salute negli ipermercati e le parafarmacie ».
L’indagine e i numeri
Altroconsumo ha visitato 128 punti vendita (96 farmacie, 17 parafarmacie e 15 ipermercati) distribuiti in dieci città: Milano, Roma, Torino, Napoli, Genova, Verona, Bologna, Firenze, Bari e Palermo.
Variazioni fino al 60%
I farmaci da banco più a buon mercato si trovano nei corner degli ipermercati: «Costano il 17% in meno rispetto alle farmacie e il 13% rispetto alle parafarmacie». Ma le differenze tra punti vendita della stessa tipologia sono così marcate che non è sempre facile orientarsi: «Nelle diverse farmacie prese in esame abbiamo registrato variazioni di prezzo addirittura del 59%, nelle parafarmacie del 41, nei corner degli ipermercati del 27». Ecco così che da farmacia a farmacia il prezzo di una confezione di Tachipirina, di Supradyn o di Enterogermina può variare di quasi o oltre il 70%. Una di glicerolo addirittura del 108%. E ancora: una confezione di Flunibron la si può trovare a 7,9 euro (prezzo minimo più economico che in parafarmacia) ma anche a 14,3. «Effetti della liberalizzazione che, senza informazione — sulle confezioni il prezzo non c’è più e sono pochi i punti vendita che espongono una lista dei prezzi-offerta — rischiano di essere vanificati. Con più trasparenza la gente sarebbe davvero in grado di scegliere e i prezzi pazzi non esisterebbero più», dice Laura Filippucci. Che prova a spiegare il perché di tali differenze: «Sempre più spesso anche le farmacie fanno promozioni, c’è poi chi si organizza in gruppi d’acquisto, chi si appoggia alle offerte di un grossista. Ma oggi oltre ad applicare un prezzo più basso possono sceglierne uno più alto». Ecco perché: «Così come si sta attenti al prezzo di un chilo di pasta, bisogna esserlo anche con il costo dei farmaci. Adesso la possibilità c’è». Dunque: «Controllare, chiedere (sempre il meno costoso, non necessariamente il generico), confrontare, cercare».
Aumenti oltre l’inflazione
Anche perché, rispetto all’indagine del 2008, i prezzi sono notevolmente saliti». Rivelano da Altroconsumo: «Nelle farmacie l’aumento è stato in media del 4,8%, nelle parafarmacie dell’8,7% e nella grande distribuzione del 6,1». Primo motivo: «Probabilmente perché tre anni di varie imposizioni di legge avevano bloccato la crescita delle tariffe nel settore farmaceutico. E come era prevedibile, tolto il tappo, i prezzi hanno fatto il botto: gli aumenti sono nettamente superiori all’inflazione». Secondo: «Da marzo 2008 le case farmaceutiche possono suggerire ai farmacisti un 'prezzo' indicativo, in alcuni casi più alto (anche molto più alto) di quello di due anni fa. I farmacisti lo hanno adottato come prezzo di vendita, cosa che ha fatto registrare rincari del 22%».
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