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Malattie croniche, come cambia il ruolo del medico: cure cucite sul paziente. Dagli internisti il decalogo per l'ospedale modello. La medicina interna piace sempre più ai giovani

Medicina Interna Silvio Campione | 14/05/2011 18:58

Sono 12 milioni gli italiani, pari al 20% della popolazione, che convivono con almeno due malattie croniche. Una condizione tipica soprattutto degli over 55enni, ben 9,5 milioni, e delle donne (sono il 56% degli over 55 in queste condizioni). A rilevare il fenomeno è la Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (Fadoi), riunita a Firenze per il suo congresso nazionale. La presenza di più patologie croniche (co-morbilità o multi-morbilità) diviene più frequente man mano che avanza l'età: 7 anziani su 10 con più di 75 anni sono affetti infatti da almeno due malattie, anche se la pluripatologia non risparmia nemmeno i più giovani.

 Tra i 45 e i 54 anni sono 1,4 milioni (16,6%) quelli con almeno due malattie croniche. ''Quello che si sta verificando - spiega Carlo Nozzoli, presidente Fadoi - è un cambiamento epocale per la sanità e per il medico, che deve rapportarsi a questa nuova specie di pazienti. Non possiamo più usare gli schemi tradizionali usati in passato, ne' applicare pedissequamente le linee guida. Bisogna mettere in pratica una medicina cucita sul paziente, individuando i percorsi più idonei e le priorità''. Una sorta di percorso a ostacoli per il quale è necessario una maggiore attenzione da parte dei medici che debbono costruire un complesso puzzle di cure personalizzate. A confermare tale fenomeno è la situazione che si può incontrare nei reparti di medicina generale, come dimostra uno studio condotto su 386 pazienti ricoverati in 11 reparti di Emilia Romagna e Marche: l'età media è 71,9 anni e nella maggioranza dei casi, oltre alla diagnosi di ammissione in reparto, ci sono almeno altre tre patologie concomitanti. Le ragioni di ricovero più frequenti sono cancro, scompenso cardiaco, ictus, polmonite, broncopneumopatia cronica ostruttiva, cui si aggiungono ipertensione, aterosclerosi, anemia, diabete, insufficienza renale, neuropatie, aritmie cardiache o patologie reumatologiche. Il 55% dei ricoverati non è autosufficiente, il 10% ha difficoltà di comunicazione, e il 63% ha bisogno di assistenza sanitaria dopo le dimissioni. E dagli internisti arriva anche il decalogo per l'ospdale modello: prima visita entro tre ore dal ricovero, vitto personalizzato, monitoraggio del dolore e informazioni chiare: sono questi alcuni dei servizi da garantire per avere un reparto ospedaliero a 'cinque stelle' che metta al centro il paziente, secondo i medici della Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (Fadoi), che hanno elaborato un apposito decalogo di regole.

'Quelle che abbiamo stilato - spiega Franco Berti, responsabile qualità Fadoi - non sono promesse generiche di qualità, ma impegni precisi che i medici internisti intendono rispettare nei propri reparti. Il rispetto delle promesse fatte sarà valutato da una commissione ad hoc composta da Fadoi, Cittadinanza Attiva e l'Associazione nazionale degli infermieri di medicina ospedaliera'. Il primo punto del decalogo è l'accoglienza, che in ospedale deve avvenire con procedure e informazioni semplici, mettendo il paziente a proprio agio. Segue l'informazione: ogni paziente deve ricevere un esaustivo depliant sui servizi del reparto con nomi e recapiti telefonici dei responsabili. Poi garantire la prima visita medica al massimo a tre ore dal ricovero, e informazioni chiare in ogni tappa del percorso di cura. Al quinto punto c'è il coinvolgimento consapevole del paziente nelle decisioni sulla sua salute per arrivare a un pieno consenso, seguito dal garantire la presenza di una figura medica ben identificata a cui rivolgersi, che ascolti, informi e accompagni pazienti e parenti. Importante è il monitoraggio del dolore e terapie adeguate per prevenire e alleviarne i sintomi, il poter scegliere tra diversi menù (salvo diete obbligate) in base al proprio gusto o religione, e informazioni puntuali alle dimissioni per un ritorno a casa in sicurezza.

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Infine, la presenza di un sistema anonimo e garantito per raccogliere le valutazioni sulle cure e l'accoglienza ricevute. Ma chi sono  gli internisti in Italia? Analizzano come investigatori i vari sintomi, conoscono un po' tutte le branche della medicina e alla fine riescono a risolvere anche il caso piu' complicato arrivando alla diagnosi. Una figura che in Italia non conosce crisi e affascina sempre piu' le giovani leve. Uno su quattro ha meno di 40 anni e complessivamente sono 11.435, un esercito di professionisti che gestisce 39 mila posti letto per 1,2 milioni di ricoveri. A scattare la fotografia di questa categoria di medici e' una ricerca condotta su 3mila internisti under 40.
Di fronte al crollo di 'vocazioni' di tante aree della medicina, il fascino della medicina interna in Italia e' intatto ed ha sempre piu' suo smalto: dal 1990 a oggi il numero di questi specialisti e' cresciuto del 10%, passando da 10.213 a 11.435 unita'.
'La medicina interna - spiega Carlo Nozzoli, presidente Fadoi - esercita un forte fascino sui giovani perche' incarna l'idea del medico in grado di giungere a una diagnosi grazie a conoscenze che spaziano in quasi tutte le discipline mediche'.
Negli anni passati c'e' stato un periodo in cui la medicina interna sembrava essere una specialita' residuale, cui affidare i malati che non rientravano nelle superspecialita'.
Ma con l'aumento di pazienti con piu' patologie, spiega Fadoi, c'e' stato di nuovo bisogno di un medico capace di guardare al paziente nella sua totalita'. Cosi' l'internista e' diventato un punto di riferimento per questi pazienti negli ospedali.
Il 62% dei giovani internisti, rivela l'indagine, lavora in reparti di medicina interna e il 25% in ambito di emergenza.
Alla fine del periodo di formazione il 67% degli intervistati ha trovato lavoro entro sei mesi con un contratto a tempo determinato e attualmente l'81% ha un contratto a tempo indeterminato. Sono professionisti molto aggiornati: la quasi totalita' parla inglese, e' attenta all'aggiornamento scientifico (l'80% partecipa a oltre 2 congressi scientifici l'anno, spesso anche come relatori) e alla ricerca. Il 45% infatti e' impegnato in progetti di ricerca, il 55% ha inviato abstract a congressi internazionali e il 70% ha pubblicazioni scientifiche su riviste importanti. Tuttavia vi sono alcune criticita': il 75% dichiara di svolgere da 10 a 30 ore mensili di straordinario per sopperire alla carenza di organico nella sua struttura, mentre il 62% denuncia la scarsa standardizzazione dell'assistenza nei loro reparti e un'istruzione non adeguata, soprattutto pratica, ricevuta durante la specializzazione.
Per svolgere al meglio il loro lavoro e avere un reparto ospedaliero a cinque stelle, hanno stilato un decalogo di regole, le cui parole d'ordine sono: accoglienza, informazione, prima visita entro 3 ore dal ricovero, chiarezza, condivisione, garantire una presenza medica identificata a cui potersi rivolgere sempre, no al dolore, vitto personalizzato, dimissioni sicure, e possibilita' di giudicare il ricovero.

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