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Simpef, troppa obesità infantile. Spazio al pediatra di famiglia

Pediatria Redazione DottNet | 28/11/2017 12:40

Il 26 per cento di maschi sovrappeso o obesi tra i quindicenni, ben oltre la media UE; tassi di sovrappeso e obesità infantile particolarmente elevati nel meridione, in particolare in Calabria, Campania e Molise con più del 40 per cento

Se il Rapporto dell’Unione europea sullo stato di salute nei paesi membri, reso pubblico giovedì scorso, promuove il servizio sanitario italiano, per l’indubbio contributo al miglioramento della salute dei cittadini e all’allungamento della speranza di vita, contemporaneamente mette in luce alcune criticità. Tra queste, emerge “l’aumento dei problemi di sovrappeso e obesità infantile, con una diffusione ormai superiore alla media UE”. Un fenomeno definito testualmente nel Rapporto “particolarmente allarmante”, tra i fattori di rischio per la salute pubblica, perché “l’obesità nell’infanzia e nell’adolescenza rappresentano un forte indicatore delle condizioni di sovrappeso e obesità in età adulta”.

“Si tratta di un campanello d’allarme – commenta Rinaldo Missaglia, Segretario nazionale del Sindacato medici pediatri di famiglia (SiMPeF) – che deve far riflettere i nostri decisori, sul fondamentale ruolo che il pediatra di libera scelta ricopre nell’economia del nostro sistema sanitario.”

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Infatti, come osserva il Segretario nazionale Simpef, il fenomeno del sovrappeso e dell’obesità infantile assume una dimensione preoccupante - secondo il Rapporto UE - proprio allo snodo adolescenziale dei quindici anni: 26 per cento di maschi sovrappeso o obesi, al quarto posto in Europa. “Un periodo critico, nel quale il ragazzo rischia di trovarsi in una sorta di ‘limbo assistenziale’, nel quale sta uscendo dalle cure di base fornite dal pediatra di famiglia, per entrare nel mondo sanitario degli adulti, in cui gli dovrebbero essere fornite quelle medesime attenzioni che il sistema garantisce grazie all’assistenza del pediatra di libera scelta. Per questo noi sosteniamo che, almeno nei casi critici come questo, laddove c’è un rilevante fattore di rischio cardiovascolare, la copertura pediatrica sia estesa ai diciotto anni,” afferma Missaglia.

Una cartina tornasole, che conferma questo aspetto, può essere rappresentata da un’altra osservazione che scaturisce dal Rapporto: le regioni meridionali presentano tassi di sovrappeso e obesità infantile particolarmente elevati, soprattutto in Calabria, Campania e Molise superano il 40 per cento. “Guarda caso, sono proprio le aree del meridione in cui si riscontra un elevato tasso di abbandono precoce del pediatra di libera scelta da parte delle famiglie, spesso a partire dai 6 anni”, aggiunge Missaglia.

“Il pediatra di famiglia dispone, al di là delle competenze professionali, di strumenti unici come i ‘bilanci di salute’, che consentono di intercettare queste situazioni, permettendo di affrontarle con i genitori, per il bene del ragazzo. Si tratta, né più né meno di quanto previsto all’interno del nostro accordo collettivo nazionale, che tuttavia è ormai ingessato al 2005, ultima revisione condivisa tra professionisti e SSN. Eppure da allora la situazione sanitaria si è evoluta. La stessa UE sottolinea con rilievo la grande attenzione dedicata all’assistenza di base nel nostro Paese, sottintendendo come sia una delle ragioni del successo del nostro sistema sanitario. Questo impegno andrebbe non solo mantenuto, ma rafforzato, potenziando le cure di base anche con il supporto di altre figure professionali, come i collaboratori di studio, nella gestione dell’assistenza, soprattutto per i pazienti con malattie croniche, cui anche il pediatra dovrà sempre di più far fronte”, prosegue Missaglia.

Ultimi, ma non meno importanti - ancora secondo Missaglia - altri due aspetti critici, ravvisati dal Rapporto, nel comportamento dei quindicenni italiani: la scarsa attività fisica, legata al livello di sovrappeso e obesità, e soprattutto il vizio del fumo, che vede la percentuale di tabagisti al 22 per cento tra le femmine e al 20 tra i maschi di questa età, rispettivamente al secondo e al terzo posto in Europa. “Il ruolo di educatore sanitario riconosciuto al pediatra di famiglia potrebbe avere un significativo impatto anche su questi comportamenti a rischio, come su tutti gli stili di vita sbagliati. Per queste ragioni, crediamo non si possa più attendere. La revisione dell’accordo collettivo nazionale della pediatria di famiglia è rimandato da troppo tempo, rischiamo che quello attualmente in vigore diventi maggiorenne. Alla luce di queste situazioni, non possiamo permettercelo”, conclude.

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