Il Tar fa riaprire il negozio. Per il gip il riciclaggio non sussiste
Riapre, a distanza di due anni, l'antica e gloriosa «Farmacia Caiazzo», nel centro di Milano. Come si ricorderà, la farmacia era salita alla ribalta delle cronache antimafia, quando, in un'affollata conferenza stampa di Ilda Boccassini in Questura, emerse che il negozio - fondato nel 1907 - veniva indicato come un esempio di penetrazione malavitosa nell'economia milanese. Il titolare, Giammassimo Giampaolo, fu indagato a piede libero. Giuseppe Strangio, direttore delle poste a Siderno, in Calabria, finì invece in galera, accusato di avere comprato la farmacia milanese con i soldi dei clan della 'ndrangheta, soldi delle famiglie Romeo e Calabrò. La Prefettura a sua volta emise l'interdittiva antimafia con la revoca della licenza da parte del Comune e dell'Ats. Per la prima volta in Italia ci fu una chiusura di farmacia per mafia.
Sabato scorso la svolta: i dipendenti della storica farmacia sono tornati al lavoro: le prove portate in giudizio a conti fatti non erano forti, tanto che prima dell'estate il Tar della Lombardia aveva accolto - su richiesta dei titolari - la richiesta di sospendere gli effetti dell'interdittiva antimafia. L'udienza che dovrà entrare nei dettagli delle accuse non si è ancora tenuta, ma il tribunale amministrativo ha ritenuto che il ricorso sollevasse dubbi sufficienti a sospendere l'interdittiva in attesa della decisione finale. Ed ecco la riapertura immediata della farmacia. Nel frattempo la Procura archiviava le accuse contro Giampaolo, il farmacista.
Ma il colpo più forte all'impianto della Procura antimafia è arrivata giovedì scorso quando si è tenuto il processo a Giuseppe Strangio, il direttore delle Poste accusato di avere reimpiegato nella farmacia i soldi della mafia calabrese. Strangio, attraverso il suo legale Oliviero Mazza, aveva chiesto il giudizio abbreviato, convinto che gli atti dell'inchiesta fossero di per sé sufficienti a dimostrare la sua innocenza. E così è stato. Il giudice preliminare Giulio Fanales ha assolto con formula piena Strangio «perché il fatto non sussiste» dall'accusa di reimpiego con finalità mafiose per la vicenda della farmacia. I soldi investiti nella farmacia di piazza Caiazzo, secondo il giudice, saranno anche arrivati dalla Calabria ma non per questo erano soldi sporchi. La Procura della Repubblica, che in udienza aveva chiesto la condanna di Strangio a nove anni di carcere, ricorrerà sicuramente in appello.
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