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Presto un vaccino universale contro l'influenza

Infettivologia Redazione DottNet | 02/11/2018 18:58

Dimostrata l'efficacia nei topi contro i virus del tipo A e B

È più vicino un vaccino-jolly universale contro l'influenza: basato su un anticorpo scoperto in cammelli, dromedari e lama, il vaccino è uno spray nasale che nei primi test condotti sui topi ha dimostrato di combattere con successo i virus influenzali di tipo A e B, i due principali responsabili della malattia negli esseri umani. Messo a punto nella ricerca guidata dall'istituto californiano Scripps e pubblicata sulla rivista Science, il vaccino funziona come una sorta di coltellino svizzero in miniatura, teoricamente in grado di attaccare 60 diverse varianti dell'influenza.

"L'influenza rappresenta un grave problema di salute e paghiamo a caro prezzo la bassa copertura vaccinale, soprattutto dei soggetti più a rischio", commenta per l'ANSA Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'istituto clinico Humanitas e professore all'Humanitas University. "I colleghi che conducono ricerche sugli anticorpi presenti in specie animali particolari come queste - aggiunge - stipulano un'assicurazione sulla vita per l'umanità, perché questi studi permetteranno di combattere anche minacce future, che al momento non si possono prevedere". È noto che i virus influenzali sono in grado di evolversi continuamente, cambiando ogni volta un biomarcatore esposto sulla loro superficie che è il bersaglio degli anticorpi: questo vuol dire che un vaccino creato per combattere una variante, molto probabilmente non andrà bene per le altre ed esaurirà velocemente la sua efficacia. Ora i ricercatori guidati da Nick Laursen hanno messo a punto un nuovo approccio, aggregando insieme in un unico anticorpo "multiuso" tante strutture di anticorpi diverse, riuscendo contemporaneamente a ridurre le dimensioni della proteina fino a scala nanometrica.  L'ispirazione è arrivata da una simile classe di anticorpi prodotti dai camelidi, la famiglia a cui appartengono cammelli, dromedari, lama, alpaca e altri.

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"La loro struttura è diversa da quella degli anticorpi umani - spiega Mantovani -, ma il problema di una possibile risposta immunitaria ad essi è già stato incontrato molte volte e abbiamo a disposizione molte strategie per superarlo. Ad esempio Gregory Winter, immunologo britannico, ha vinto quest'anno il Nobel per la chimica grazie alle sue ricerche su strategie per mettere a punto anticorpi utilizzando il Dna umano".  I primi test sui topi hanno avuto successo: il vaccino li ha resi immuni sia quando iniettato direttamente sia quando somministrato tramite spray nasale, anche a basse dosi. Inoltre i ricercatori hanno dimostrato che gli anticorpi rimangono attivi nell'organismo per nove mesi nei topi e quattro mesi nei macachi rhesus, primati diffusi in Asia. 

fonte: ansa, science

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