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Obesità: i protocolli Erabs e la mini-invasività

Medicina Interna Redazione DottNet | 18/05/2022 15:15

L’intervento è eseguito con le tecniche più avanzate: si parte dall’utilizzo di farmaci ed anestetici facilmente smaltibili dall’organismo e sempre più biocompatibili fino all’impiego delle più avanzate tecnologie laparoscopiche ad alto impatto e con

L’intervento è eseguito con le tecniche più avanzate: si parte dall’utilizzo di farmaci ed anestetici facilmente smaltibili dall’organismo e sempre più biocompatibili fino all’impiego delle più avanzate tecnologie laparoscopiche ad alto impatto e con incisioni minime

In principio era il protocollo ERAS, Enhanced Recovery After Surgery (miglior recupero post intervento chirurgico) rapidamente mutuato dai chirurghi bariatrici che hanno aggiunto una B e lo hanno adottato a pieno titolo. Oggi la nuova frontiera della chirurgia bariatrica si chiama pertanto ERAbS: Enhanced Recovery After Bariatric Surgery. Anche in chirurgia bariatrica, infatti, l’obiettivo è far sì che il paziente abbia un trattamento chirurgico in piena serenità, massima efficienza ed ottimo risultato, al fine di tornare quanto prima alla sua quotidianità. Se ne parla al meeting di Vietri Sul Mare dal titolo ERAbS: the way point. La duegiorni si svolge al Lloyd’s Baia Hotel il 20 e 21 maggio ed è presieduta da Ugo Bardi, membro del Comitato Scientifico SICOB, Vincenzo Pilone, Tesoriere del Consiglio Direttivo SICOB e Vincenzo Bottino, membro della SICOB e responsabile formazione ACOI (Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani).  

Obiettivo dell’incontro è creare un focus sui protocolli ERAbS considerando che in Italia le persone con obesità sono almeno 6 milioni, di cui 1 milione e 400mila affette da grande obesità. Inoltre, le richieste di intervento e gli interventi eseguiti sono aumentati in maniera esponenziale di anno in anno fino ad arrivare al 2021, anno in cui ne sono stati realizzati in Italia più di 20.000. Il percorso chirurgico "standardizzato" dei protocolli ERAbS si basa sul criterio della mini-invasività grazie alle più avanzate tecnologie ed è articolato in tre fasi fondamentali che si sviluppano prima, durante e dopo l’intervento:  "La prima fase – afferma Marco Antonio Zappa (nella foto), Presidente SICOB - è quella preoperatoria, durante la quale il paziente viene preparato dal punto di vista psicologico e nutrizionale, perché partecipa a riunioni in cui gli si espone tutto il percorso di cura. E’ scientificamente dimostrato che questo coinvolgimento abbatte moltissimo il suo livello di ansia per cui affronta questa parte del percorso con serenità ed in modo collaborativo. Durante la seconda fase, quella perioperatoria,  l’intervento è eseguito con le tecniche più avanzate: si parte dall’utilizzo di farmaci ed anestetici facilmente smaltibili dall’organismo e sempre più biocompatibili fino all’impiego delle più avanzate tecnologie laparoscopiche ad alto impatto e con incisioni minime. Tutto questo nell’ ottica di migliorare sempre più il recupero post-operatorio. Queste caratteristiche fanno sì che già due ore dopo l’intervento i pazienti riescano ad alzarsi, a camminare e a riprendere a bere sino alla dimissione che nel 90% dei casi può avvenire già due giorni dopo l’intervento, dopo aver effettuato le consuete verifiche di dismissibilità. Queste ultime sono ben codificate e standardizzate. La fase post-operatoria e il follow up rappresentano la terza fase del protocollo: all’intervento infatti deve seguire un cambio nello stile di vita e nel rapporto con il cibo".  

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Per arrivare a questi risultati eccellenti occorre un sistema organizzativo e assistenziale in cui il chirurgo è senz’altro un team leader: "Al tempo stesso – prosegue Vincenzo Piloneil chirurgo coordina ed intimamente collabora e condivide ogni step con più specialisti: dall’ anestesista al dietista e allo psicologo, passando per il  fisioterapista e gli infermieri. La chirurgia bariatrica del terzo millennio infatti è sempre più tecnologica ed avanzata e quindi l’infermiere, sia di sala che di reparto, deve essere in possesso di un continuo agggiornamento professionale. A questo si aggiunge il loro sempre maggior livello di integrazione nel team di cura del paziente che è e resta al centro dell’ attenzione" . 

L’attuazione standardizzata e routinaria dei protocolli ERAbS dunque rappresenta un efficace e moderno "sistema" organizzato: "Il nuovo protocollo – prosegue Ugo Bardi - eleva in maniera importante la qualità di cura offerta grazie alla sinergia di tutte le professionalità in campo,  migliorando notevolmente gli outcome precoci e a distanza attraverso il mantenimento del follow up. Quest’ultimo infatti rappresenta l’anello di "consolidamento" della cura erogata. Ancora una volta la tecnologia ci supporta in maniera intelligente ed efficace grazie al fiorire di numerose app in utilizzo che consentono così di mantenere vivo il rapporto nel tempo tra il team ed il paziente che non rimarrà mai solo".  

"A questo – conclude Vincenzo Bottino - si aggiunge il grande vantaggio che una sanità cosi concepita e strutturata risulta meno dispendiosa per il sistema sanitario così come dimostrato  in diversi studi di cui il più autorevole, pubblicato dall’ Alberta Institute di Montreal, sottolinea come ogni dollaro investito in ERAS porti ad un risparmio di 3,80 dollari. Possiamo così certamente concludere che i protocolli ERAbS rappresentano un modello speciale di virtù assistenziale perfettamente in linea anche con i pressanti modelli di spending review".

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