In tutte le classi di età oltre i 12 anni, si osserva una tendenza alla riduzione del rischio di malattia grave associato alla vaccinazione
Tra le persone non vaccinate quelle senza una pregressa infezione hanno un rischio di infezione da SARS-CoV-2 all’incirca sette volte più alto rispetto a chi ha avuto una diagnosi pregressa da almeno 180 giorni, e di trentuno volte maggiore rispetto a chi ha avuto una diagnosi pregressa fra 90-180 giorni. Tra le persone vaccinate, quelle che non hanno avuto una diagnosi pregressa hanno un rischio di infezione maggiore rispetto a chi ha avuto una diagnosi pregressa. A parità di fascia di età e di condizione di pregressa infezione, in tutte le classi di età > 12 anni, si osserva una tendenza alla riduzione del rischio di malattia grave associato alla vaccinazione.
Queste le principali conclusioni di un nuovo rapporto dell’Istituto superiore di sanità divulgato oggi che ha stimato il rischio assoluto di infezione da SARS-CoV-2 (sintomatica e asintomatica) e di malattia grave tenendo conto non solo dello stato vaccinale ma anche dell’infezione pregressa.
Lo studio nasce dalla considerazione che “ad una larga parte della popolazione italiana è stata diagnosticata almeno una volta l’infezione da Sars-Cov-2” e che conseguente è difficile “stimare correttamente l’impatto della sola vaccinazione disgiunto dall’immunità conferita dall’infezione pregressa”.
La nuova stima verrà aggiornata mensilmente e sarà disponibile in un documento separato (Impatto della vaccinazione e della pregressa diagnosi sul rischio di infezione e di malattia grave associata a SARS-CoV-2).
Queste le principali conclusioni del rapporto:
Il 50% dei vaccinati ha ricevuto l'ultima dose da almeno 310 giorni (range interquartile: 284-343 giorni dall'ultima dose) (Tabella 2).
Il rischio di malattia grave per la popolazione con età maggiore di 12 anni e senza una diagnosi pregressa di infezione da SARS-CoV-2 è approssimativamente sette volte più alto nei non vaccinati rispetto ai vaccinati.
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