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Terapia genica per curare la leucemia: tecnica rivoluzionaria

Oncologia Redazione DottNet | 01/02/2018 19:18

Leucemia, l'obiettivo è evitare il trapianto di midollo. Locatelli, verso la terapia genica anche contro altri tumori solidi

 Per la prima volta in Italia, un bambino di 4 anni è stato trattato con la terapia genica contro la leucemia linfoblastica acuta, da cui era affetto da tre anni e contro la quale avevano ormai fallito le altre cure standard, incluso il trapianto di midollo. Una tecnica "rivoluzionaria", probabilmente l'ultima chance per il piccolo, che ha dato risultati che aprono alla speranza: ad un mese dall'infusione, avvenuta lo scorso 4 gennaio, nel suo midollo non sono più presenti cellule leucemiche.

Il bimbo sta bene ed è tornato a casa da qualche giorno. Ad effettuare l'intervento i medici dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.    Lo studio accademico è dell'Ospedale ed è promosso da AIRC, Ministero della Salute e Regione Lazio. La tecnica è denominata CAR-T e consiste nel manipolare geneticamente le cellule del sistema immunitario per renderle capaci di riconoscere e attaccare il tumore. I linfociti del piccolo paziente sono stati dunque manipolati e reindirizzati contro il bersaglio tumorale: i medici hanno prelevato i linfociti T del bimbo e li hanno modificati geneticamente attraverso un recettore chimerico sintetizzato in laboratorio. Questo recettore, chiamato appunto CAR (Chimeric Antigenic Receptor), potenzia i linfociti e li rende in grado - una volta reinfusi nel paziente - di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo, fino ad eliminarle completamente.

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La terapia genica CAR-T è stata sperimentata per la prima volta con successo nel 2012, negli Usa, su una bambina di 7 anni: a 5 anni dall'infusione, la leucemia non si è ripresentata e la bimba, affermano gli esperti, può considerarsi guarita. Sono quindi partite numerose sperimentazioni e l'ente statunitense FDA ad approvato il primo farmaco a base di CAR-T sviluppato dall'industria farmaceutica. Già altri pazienti sono in lista per il trattamento a Roma. È "ancora troppo presto per avere la certezza della guarigione - precisa Franco Locatelli, direttore dipartimento Onco-Ematologia dell'Ospedale - ma il bambino è in remissione: non ha più cellule leucemiche nel midollo. Per noi è motivo di fiducia e soddisfazione per l'efficacia della terapia". L'approccio adottato dai ricercatori differisce però parzialmente da quello americano: diversa è infatti la sequenza genica realizzata, che prevede anche l'inserimento della Caspasi 9 (iC9), una sorta di gene "suicida" attivabile in caso di eventi avversi, in grado di bloccare l'azione dei linfociti modificati.

E' cioè una misura di ulteriore di sicurezza, introdotta dai ricercatori italiani, per fronteggiare i possibili effetti collaterali che possono derivare da queste terapie innovative. La sperimentazione, inoltre, è frutto di uno studio tutto italiano ed il processo di manipolazione genetica e la produzione del costrutto originale per l'infusione - un vero e proprio farmaco biologico - avvengono interamente nella Officina Farmaceutica del Bambino Gesù. Si tratta, commentano gli esperti, di una "pietra miliare nel campo della medicina di precisione", che apre la strada a risultati analoghi anche nel campo delle malattie genetiche, oltre che in altri tumori solidi. "Orgoglioso" del risultato è il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ed il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha parlato di "un grandissimo successo per la nostra ricerca, frutto di 3 anni di lavoro".

L'intervista

Arrivare ad eliminare, nel prossimo futuro, la necessità del trapianto di midollo osseo nei bambini con leucemia linfoblastica acuta grazie all'utilizzo della terapia genica: è questo l'obiettivo indicato dal direttore del dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica, Terapia Cellulare e Genica dell'Ospedale Bambino Gesù, Franco Locatelli, che per la prima volta in Italia ha utilizzato la tecnica "rivoluzionaria" della terapia genica definita CAR-T per trattare un bimbo di 4 anni affetto da questo tumore del sangue. La leucemia linfoblastica acuta di tipo B cellulare, spiega l'esperto, "rappresenta il tipo più frequente di tumore dell'età pediatrica, con 400 nuovi casi l'anno in Italia".

La nuova terapia genica, chiarisce, "è una forma di immunoterapia: in pratica, si prendono le cellule del sistema immunitario linfociti T e si modificano geneticamente per introdurre una sequenza di dna che dà luogo ad una particolare proteina-recettore chiamata CAR che, a sua volta, permette di reindirizzare l'azione di qualsiasi linfocita in modo che aggredisca le molecole espresse dalle cellule del tumore". Nel caso della leucemia linfoblastica, le molecole da attaccare sono le Cd19: "Ciò è possibile nell'85% delle forme di questo tumore dei bambini". Ad ogni modo, ricorda l'esperto, "la prima cura è la chemioterapia, che ha effetto nell'80% dei casi di bambini leucemici. Quindi, si ricorre al trapianto di midollo osseo, che è la terapia più efficace per i piccoli nei quali fallisce la prima linea, ovvero la chemio". In futuro però, e questo è l'obiettivo, afferma, "la terapia genica CAR-T potrebbe sostituire il trapianto di midollo, con notevoli vantaggi dal momento che ha una tossicità molto minore e non compromette la fertilità del paziente". Ad oggi, il trattamento sperimentale di terapia genica è stato autorizzato dal'ente Usa Fda, oltre che per la leucemia linfoblastica, anche per i linfomi degli adulti ed è allo studio il mieloma multiplo. L'auspicio, sottolinea Locatelli, "è di poter utilizzare tale terapia genica anche nei tumori solidi, che hanno prospettive di cure meno efficaci".

E proprio al Bambin Gesù - dove oggi è stato trattato con la CAR-T un altro adolescente affetto dalla stessa malattia - è in corso la preparazione di CAR-T, nell'Officina farmaceutica dell'ospedale, anche per una bambina affetta da neuroblastoma, il tumore solido più frequente dell'età pediatrica. L'infusione dovrebbe avvenire tra una decina di giorni. Certo, precisa Locatelli, "per parlare di guarigione bisogna aspettare almeno un anno dall'infusione, ma i risultati sono molto promettenti".    Resta il grande problema degli alti costi, almeno in Usa, di questa terapia genica: "Una questione della quale in Italia si occuperà l'Agenzia del farmaco Aifa, con l'obiettivo - conclude Locatelli - di renderla disponibile ai pazienti che ne hanno bisogno".

Il futuro

Una "pietra miliare nel campo della medicina di precisione", che apre la strada a risultati analoghi anche nel campo delle malattie genetiche. Questo rappresenta l'innovativa terapia genica che utilizza cellule "riprogrammate" contro il tumore secondo Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, dove con tale tecnica è stato trattato il primo paziente italiano, un bimbo leucemico di 4 anni. "Una pietra miliare nel campo della medicina di precisione in ambito onco-ematologico.  Le terapie cellulari con cellule geneticamente modificate - spiega Dallapiccola - ci portano infatti nel merito della medicina personalizzata, capace di rispondere con le sue tecniche alle caratteristiche biologiche specifiche dei singoli pazienti e di correggere i difetti molecolari alla base di alcune malattie. E' la nuova strategia per debellare malattie per le quali per anni non siamo riusciti a ottenere risultati soddisfacenti".

Un settore di avanguardia, sottolinea, "nel quale l'Ospedale non poteva non essere impegnato. Siamo riusciti in tempi record a creare un'Officina Farmaceutica, a farla funzionare, a certificarla e ad andare in produzione". Ed il risultato incoraggiante di oggi in campo oncoematologico, con la riprogrammazione delle cellule del paziente orientate contro il bersaglio tumorale, afferma, "ci fa essere fiduciosi di avere a breve risultati analoghi nel campo delle malattie genetiche, come la talassemia, l'atrofia muscolare spinale o la leucodistrofia". Anche per Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica, Terapia Cellulare e Genica dell'Ospedale, "l'infusione di linfociti geneticamente modificati per essere reindirizzati con precisione verso il bersaglio tumorale rappresenta un approccio innovativo alla cura delle neoplasie e carico di prospettive incoraggianti. Certamente però - avverte - siamo in una fase ancora preliminare, che ci obbliga ad esprimerci con cautela".

A livello internazionale, ricorda, "sono già avviate importanti sperimentazioni da parte di industrie farmaceutiche. Ci conforta poter contribuire allo sviluppo di queste terapie anche nel nostro Paese e immaginare di avere a disposizione un'arma in più a vantaggio di quei pazienti che hanno fallito i trattamenti convenzionali o che per varie ragioni non possono avere accesso al trapianto".

fonte: ansa

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