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I grassi entrano nel cervello: così l'obesità innesca la depressione

Psichiatria Redazione DottNet | 13/05/2019 14:17

Attraverso il flusso del sangue possono influenzare i segnali neurologici

 Il legame tra obesità e depressione è noto da tempo ma non ancora del tutto compreso nei suoi meccanismi. Una nuova ipotesi che potrebbe spiegarlo arriva da una ricerca condotta dall'Università di Glasgow, che ha scoperto che la connessione potrebbe essere dovuta ai grassi alimentari che entrano nel cervello attraverso il flusso sanguigno, che possono quindi accumularsi e influenzare i segnali neurologici correlati alla depressione. Lo studio, pubblicato su Translational Psychiatry, è stato condotto su topi alimentati con diete ad alto contenuto di grassi. I ricercatori hanno anche scoperto che diminuendo l'espressione di un enzima specifico chiamato fosfodiesterasi, i sintomi della depressione legata all'obesità possono essere ridotti. I topi alimentati con una dieta ad alta densità di grassi hanno in particolare mostrato un afflusso di acidi grassi in una regione del cervello denominata ipotalamo, correlata al sistema metabolico e nota per essere connessa anche alla depressione.

Questi acidi grassi erano in grado di influenzare direttamente le vie di segnalazione chiave responsabili dello sviluppo della patologia. Il rapporto tra obesità e depressione è complicato. I pazienti con obesità hanno infatti meno probabilità di rispondere bene ai comuni farmaci antidepressivi. Anche per questo i risultati dello studio appaiono interessanti e i ricercatori ritengono che possano avere un'influenza su nuovi bersagli per farmaci antidepressivi che potrebbero essere più adatti per persone in sovrappeso e obese.   "Usiamo spesso cibi grassi come conforto - spiega George Baillie, autore principale della ricerca - ma nel lungo periodo è probabile che ciò influisca negativamente sull'umore. Sappiamo che una riduzione dell'assunzione di cibo grasso può portare a molti benefici per la salute, ma la nostra ricerca suggerisce che promuove anche una disposizione ad essere più felici".

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fonte:  Translational Psychiatry

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