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Cimo, Quici rieletto presidente

Sindacato Redazione DottNet | 08/10/2021 18:43

“Le risorse stanziate per la sanità, sia nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sia nel Fondo Sanitario Nazionale, sono insufficienti per garantire un servizio efficiente e tempestivo"

“Le risorse stanziate per la sanità, sia nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sia nel Fondo Sanitario Nazionale, sono insufficienti per garantire un servizio efficiente e tempestivo a tutela della salute dei cittadini. Inoltre, da tempo manca una vera riforma che armonizzi i servizi sanitari, ne migliori l’efficienza, che associ gli investimenti in nuove tecnologie medicali ai reali bisogni dell’utenza e dei territori”. Il grido d’allarme lanciato da Cimo, il sindacato dei medici, oggi federato con altre importanti sigle, FESMED, ANPO-ASCOTI-FIALS Medici-ANMDO-SAUES, in occasione del suo 32° Congresso Nazionale, alla presenza tra gli altri del Ministro della Salute, Roberto Speranza, lascia trasparire il disagio della categoria.
 
“Il Fondo Sanitario Nazionale nonostante i recenti stanziamenti legati al covid, per i prossimi anni aumenterà soltanto dell’1% all’anno, a cui bisogna sottrarre il 15% per il ‘mantenimento’ dei servizi territoriali” – spiega nella sua relazione il Presidente CIMO, Guido Quici (che è stato riconfermato all'unanimità alla guida del sindacato) “e tanto penalizzerà tutti gli altri servizi ad iniziare dall’assistenza ospedaliera”. “Il Next Generation Eu potrebbe essere una grande occasione. Tuttavia, nel PNRR solo 15,63 miliardi sono destinati alla sanità – aggiunge il Presidente Quici – e gran parte di queste risorse sono finalizzate a recuperare il vistoso gap nella digitalizzazione che abbiamo rispetto agli altri Paesi europei. Spendiamo solo 1,8 miliardi in sanità digitale cioè solo 28 euro su 2.500 di spesa pro-capite, e li spendiamo male visto che il 20% della spesa non ha contribuito a migliorare la salute per l’inappropriata allocazione delle risorse”. 
 
L’Italia – prosegue - occupa solo il 25° posto su 28 Paesi UE per l’accesso al primo livello digitale, dato confermato dall’indice Desi che evidenzia anche un’Italia lontana dalla UE sulla connettività (banda larga), sul capitale umano (competenze) sull’utilizzo delle tecnologie digitali da parte di cittadini e PA. Proprio in termini di competitività tecnologica rispetto alla sanità, il nostro Paese si trova inoltre spaccato tra Settentrione e Meridione, e lo sarà ancora di più senza una visione strategica che porti non solo a investire, ma a farlo nel modo giusto. Dove infatti i servizi sono sufficientemente organizzati e dotati di tecnologie avanzate, come al Nord, i finanziamenti straordinari potranno completare i processi di ammodernamento delle strutture sanitarie; viceversa dove la sanità è in affanno, come al Sud, i benefici del PNRR risulteranno marginali.

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 L’esistenza di 20 sistemi sanitari differenti che spesso non dialogano tra loro rischia solo di aumentare le differenze tra i territori, con inevitabili conseguenze verso le singole comunità”. 
 
“E’ indispensabile – si evidenzia -  pertanto ripensare alla autonomia delle regioni e pensare con convinzione ad una contestuale riforma seria degli ospedali e di tutti i servizi sanitari territoriali, armonizzandoli e rendendoli competitivi. Una riforma che deve essere contestuale e integrata ad un nuovo modello di governance”.
  
“Quello che proponiamo come sindacato che rappresenta circa 17.000 medici – prosegue Guido Quici – è di uscire dall’attuale logica dei silos che vedono contrapporsi pubblico-privato, ospedale-territorio, convenzionati-dipendenti, e lavorare in una logica di filiera che parte dai bisogni di salute; occorre rivedere le modalità di finanziamento e ripartizione del SSN, implementare le nuove tecnologie a condizione che ci sia personale sufficiente e preparato per gestirle in modo efficace e produttivo. Il tutto realizzato attraverso una strategica fondata sul modello del System Thinking, ovvero collaborando in modo unitario, senza sperequazioni e con una visione di medio e lungo periodo guardi all’intera filiera”.
 
Per CIMO, “se la sanità è proiettata nel futuro, deve risolvere la “questione medica” in termini di partecipazione attiva ai processi di innovazione; di valorizzazione della professione, a fronte della fuga dei medici dal servizio pubblico; e di vera autonomia decisionale, derivante da quel rapporto fiduciario tra medico e paziente rinsaldato dal covid”. Il Congresso Nazionale di CIMO apre anche un confronto allargato sul tema dell’Intelligenza Artificiale e del Governo Clinico, coinvolgendo rappresentanti del mondo istituzionale, medici ed esperti in linguaggi e processi digitali.  “Occorre certamente guardare ad una sanità 4.0 – conclude il Presidente di CIMO – ma è fondamentale che tutti gli investimenti dedicati alle tecnologie sanitarie dai device, alla telemedicina, alle reti neurali, alla radiomica, ai robot, siano acquisite avendo ben presente la filiera della salute che parte dai bisogni del paziente”

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