Il test genomico a 21 geni, Oncotype DX, è ora raccomandato nelle pazienti in postmenopausa con un massimo di tre linfonodi ascellari positivi
Test genomici sempre più importanti e utilizzabili per il trattamento del carcinoma mammario in stadio iniziale. L’aggiornamento delle Linee Guida della Società Americana di Oncologia Clinica (American Society of Clinical Oncology, ASCO) ha esteso l’uso di questi esami in grado di limitare il ricorso alla chemioterapia dopo l’intervento chirurgico. Il test genomico a 21 geni, Oncotype DX, è ora raccomandato nelle pazienti in postmenopausa con un massimo di tre linfonodi ascellari positivi. Inoltre è l’unico consigliato alle donne in premenopausa con linfonodi negativi e può essere utilizzato indipendentemente dal rischio clinico. Oncotype DX risulta così quello più fortemente raccomandato, tra tutti i test multigenici inclusi nelle Linee Guida, per il maggior livello qualitativo delle evidenze. A darne notizia sono gli esperti al Congresso dell’ASCO, in corso a Chicago. “Il test Oncotype DX è già stato utilizzato da oltre un milione di donne in 90 diversi Paesi di tutto il mondo - afferma Saverio Cinieri, Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) -.
L’aggiornamento delle Linee Guida, eseguito dai colleghi statunitensi, offre ulteriori possibilità agli specialisti nell’individuare i rischi e i benefici di una chemioterapia.
L’aggiornamento delle Linee Guida ASCO comprende i risultati dello studio RxPONDER, pubblicati sul The New England Journal of Medicine. La ricerca ha dimostrato che il test identifica una maggioranza di pazienti con tumore del seno di stadio iniziale, con 1-3 linfonodi positivi, che a buona prognosi potrebbero evitare la chemioterapia. Le donne in postmenopausa con risultati del test Oncotype da 0 a 25 non hanno mostrato benefici dall’aggiunta di chemioterapia all’ormonoterapia. Le pazienti in premenopausa con risultati da 0 a 25 hanno ottenuto un beneficio del 2,4% dalla chemioterapia in termini di recidiva a cinque anni. “I test genomici rappresentano una preziosa risorsa ma non possono essere prescritti a tutte le pazienti - prosegue la prof.ssa Dieci -. Vanno utilizzati in casi specifici, per poter essere così realmente efficaci. Ogni anno si calcola che in Italia siano oltre 55mila le donne colpite da neoplasia mammaria. Circa due su tre sono tumori HR+ ed HER2-, oltre il 90% dei carcinomi non è metastatico al momento della diagnosi e due pazienti su tre risultano in post menopausa.
Sono donne a cui, in base a determinate caratteristiche, potenzialmente possiamo prescrivere il test per valutare o meno il ricorso ad un’eventuale chemioterapia”. “Quest’ultima è una cura efficace, ma ha indubbie tossicità ed effetti collaterali - conclude il prof. Cinieri -. Inoltre presenta costi rilevanti, che impattano anche sulle casse dello Stato. Innovazione in oncologia significa offrire al paziente i trattamenti migliori, più efficaci e che siano meno invasivi possibili. In quest’ottica rientra anche l’uso dei test genomici e, più in generale, di tutti gli strumenti in grado di personalizzare le cure anti-cancro”.
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