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Anac, sui dispositivi per il controllo della glicemia c'è uno spreco di 210 milioni

Sanità pubblica Redazione DottNet | 08/10/2018 18:48

Per le stesse strisce o aghi, in alcune regioni si paga il triplo

Dagli aghi per misurare la glicemia alle siringhe di insulina, la fornitura di dispositivi per il controllo del diabete costa mezzo miliardo l'anno. Ma quasi la metà, ovvero 215 milioni, si potrebbero risparmiare se ci si uniformasse ai prezzi di acquisto della regione più virtuosa. A puntare il dito contro gli sprechi nel mercato dei dispositivi medici per il diabete, malattia che colpisce quasi 4 milioni di persone in Italia, è l'Autorità Nazionale Anticorruzione. In seguito di alcune segnalazioni effettuate dalle principali associazioni dei pazienti affetti da diabete, l'Anac ha avviato nel 2017 un'indagine conoscitiva sul mercato dei dispositivi medici che servono a misurare e gestire il diabete di tipo 2 e forniti gratuitamente ai malati.

Per l'indagine sono stati inviati questionari agli assessorati regionali alla sanità, ma alcune Regioni come Campania e Sicilia non sono state neppure in grado di comunicare quanto spendono e questo "potrebbe essere sintomatico di una situazione di non pieno controllo della spesa", scrive l'Authority guidata da Raffaele Cantone. Quello che è emerso, così come in passato per le siringhe e i pasti ospedalieri, sono ampie oscillazioni di prezzo da Regione a Regione: la stessa striscia per il controllo della glicemia, ad esempio, viene pagata 19 centesimi dall'Emilia Romagna e il triplo dalla Provincia di Bolzano; un ago penna per iniettarsi l'insulina, viene pagato 1,5 centesimi dalla Liguria e 16,5 centesimi dal Lazio, ben undici volte di più. Per le lancette pungidito si va dai 2 euro dell'Emilia Romagna ai 29 euro della Provincia di Trento. Il risultato di questa diversità è che l'Emilia spende in media per un diabetico 51 euro l'anno, mentre la Provincia di Bolzano 318, oltre sei volte in più. In base allo studio pubblicato sul sito web Anac, se tutte le regioni si adeguassero a quanto spende l'Abruzzo, una delle più virtuose, il risparmio sarebbe di 215 milioni (-42%).

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Tradotto in pratica, alcune regioni come Calabria e Lazio potrebbero dimezzare la loro spesa senza intaccare quella destinata all'assistenza a malati. Uno dei principali motivi di questa difformità di prezzo è che la maggior parte delle Regioni non fa gare pubbliche basate sulla concorrenza dei prezzi ma stipula accordi convenzionali con i fornitori. Eppure, molti dei risparmi potrebbero conseguiti già da subito. Secondo il decreto Salva-Italia, varato nel 2011, se un'amministrazione paga il 20% in più dei "prezzi standard" fissati da Anac, infatti, ha diritto di rinegoziare il contratto senza pagare penali e senza che il fornitore possa opporsi. In caso contrario, può direttamente rescindere il contratto.

Dai cerotti ai pasti ospedalieri, dalle siringhe ai dispositivi per il diabete, le regioni spendono ogni anno 6 miliardi di euro, ma circa il 15%, pari a quasi un miliardo, se ne potrebbe risparmiare. Questo è l'impatto degli sprechi e dei relativi risparmi che si potrebbero ottenere se si uniformassero i prezzi delle forniture a quelli pagati dalle regioni 'virtuose' oppure allineandoli ai cosiddetti "prezzi standard". A passare a setaccio le spese della sanità, settore per settore, è l'Autorità Nazionale Anticorruzione. Nello specifico, secondo una tabella elaborata dall'Anac, per presidi e dispositivi medici come siringhe, ovatta e cerotti, che costano complessivamente alle Regioni 75 milioni di euro, si potrebbero risparmiare 15 milioni, ovvero il 20%. Per il servizio di Pulizia delle strutture sanitarie, che costa 1,2 miliardi di euro, si potrebbe risparmiare 210 milioni di euro, pari al 17,5%.

Per i pasti ospedalieri si spendono annualmente 750 milioni e se ne potrebbero risparmiare 95 (12,6%). Per lavare lenzuola e biancheria dei ricoverati si spendono 500 milioni di euro ma se ne potrebbero risparmiare 100 (20%). E ancora, per i dispositivi per il diabete, gli ultimi analizzati, si spendono 510 milioni, ma il 40% si potrebbero risparmiare, ovvero 215. Infine 300 milioni si potrebbero risparmiare nell'area dei farmaci, pari al 10% dei 3 miliardi milioni spesi. Una lunga serie di voci che, sommate, fanno un totale di 6.035 milioni di costi, di cui 935, ovvero il 15,5%, si potrebbero utilizzare in altro modo, a beneficio sia dei pazienti che degli operatori sanitari, ormai da anni alle prese con una 'coperta troppo corta'.

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