Soli: "Mediante la plasmaferesi abbiamo rimosso gli anticorpi nocivi dal sangue della madre e somministrato immunoglobuline per rafforzare la barriera agli anticorpi"
Una terapia innovativa e adottata per la prima volta in Italia dall'Ostetricia e dal Centro trasfusionale dell'azienda ospedaliera di Parma ha permesso di superare il rischio di anemia di un feto, che derivava dalla forte incompatibilità del fattore Rh del sangue materno e di quello del bambino. La donna, con Rh negativo, alla sua seconda gravidanza, aveva in grembo un feto con Rh positivo e un'altissima presenza di anticorpi anti Rh, con conseguente possibilità di aborto o morte in utero. "Questi anticorpi anti Rh della madre come già successo nella prima gravidanza - spiega Tullio Ghi, direttore della struttura complessa di Ostetricia e ginecologia - avrebbero attraversato la placenta e causato inevitabilmente un'anemia fetale grave. Avevamo prospettato alla coppia il ricorso a trasfusioni fetali in utero ripetute appena questa fosse comparsa". Dopo un confronto con i pochi esperti al mondo, per evitare procedure invasive sul feto, è stata invece elaborata una terapia personalizzata sottoposta alla donna una volta a settimana dalla 16ma di gestazione: "Mediante la plasmaferesi - illustra Maurizio Soli, direttore del Centro trasfusionale - abbiamo rimosso gli anticorpi nocivi dal sangue della madre e somministrato immunoglobuline per rafforzare la barriera agli anticorpi".
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